Un anno fa, in piena ondata pandemica, alla sanità italiana venne richiesto l’ennesimo sforzo per affrontare l’emergenza. Così, l’ospedale di Manduria, date le sue caratteristiche, tra le quali la presenza dell’unità di Terapia intensiva, si trovò a essere riconvertito in ospedale Covid e tutti i professionisti della sanità dell’area messapica furono chiamati a fare ognuno la propria parte. A un anno di distanza, la ASL Taranto ha voluto ricordare quanto è stato fatto e ha colto l’occasione per fare una riflessione sulla sanità ionica.
“Oggi è una occasione per raccontare, una volta tanto, quanto siamo stati bravi – ha affermato Stefano Rossi, direttore generale Asl Taranto – non per vanità, ma per sottolineare come la nostra sanità sia capace di mettere in gioco le risorse e le professionalità necessarie per affrontare ogni difficoltà. Siamo stati capaci di riorganizzare rapidamente una struttura antica, inserita nel territorio urbano, che si è trasformata per rispondere alle esigenze del momento, sfruttando nuove tecnologie e professionalità. Gli operatori della sanità hanno dimostrato di saper reagire, lavorando insieme.”
L’ospedale di Manduria lo scorso anno fu completamente convertito in ospedale Covid per garantire il raggiungimento dei posti letto necessari per affrontare la terza ondata. A fine ottobre, dopo le dimissioni dei pazienti non Covid e il trasferimento delle altre attività, la struttura manduriana è stata l’unico ospedale della provincia per pazienti covid con patologie chirurgiche e ha garantito all’inizio 56 posti letto in area medica, 6 in area chirurgica e 5 in terapia intensiva. Fino al 10 giugno, giorno in cui sono riprese le altre attività, il Giannuzzi ha assistito quasi 600 pazienti Covid, suddivisi in 462 in area medica, 67 in area chirurgica e 65 in Rianimazione.
Momenti di grande commozione ci sono stati ricordando i decessi, quasi duecento, e le cure. Toccanti le testimonianze di alcuni pazienti guariti, che hanno ringraziato il personale che si è preso cura di loro. “In tanti giorni di ricovero, ho imparato a leggere dall’espressione dei loro occhi quali erano le mie condizioni” ha affermato un ex paziente. “Anche se bardati nelle loro tute, tutto il personale ci mostrava sempre la propria disponibilità e ci permetteva di sentire, nonostante tutto, la vicinanza dei nostri parenti, che venivano contattati da loro” ha continuato un’altra.
“Oggi è una giornata di racconto, non ricordo – ha chiosato Irene Pandiani, direttrice del presidio ospedaliero – Per noi è una catarsi, lo scorso anno quasi non pensavamo che saremmo riusciti a fare ciò che poi abbiamo fatto, con il contributo di tutti. Abbiamo combattuto tutti insieme, riconvertendo l’ospedale, le strutture, utilizzando nuove attrezzature e grazie alle risorse umane che hanno operato al meglio”.
Presente il personale delle strutture, insieme ai medici di medicina generale e ai pediatri di libera scelta. “Vogliamo porre l’accento sul buon lavoro di integrazione che abbiamo fatto anche lo scorso anno – ha dichiarato Gloria Saracino, direttrice del Distretto socio sanitario di Manduria – Quando l’ospedale è diventato centro Covid, come distretto ci siamo subito attrezzati per continuare a dare ai cittadini le risposte di salute che essi cercavano. Abbiamo attivato il punto prelievi, trovato spazi per ospitare le visite ambulatoriali degli specialisti ospedalieri e potenziato le risorse già presenti sul territorio per non far migrare le persone. Si è trattato di uno sforzo corale, anche da parte dei medici di base e dei pediatri di libera scelta, di un lavoro silente e continuo che però ha permesso di confermare quella integrazione tra ospedale e territorio che è uno dei capisaldi della buona sanità.”
La dottoressa Chiloiro, responsabile della Psicologia clinica, ha presentato i risultati di una ricerca sul benessere e lo stress condotta sugli operatori durante la pandemia che ha registrato come gli operatori dell’ospedale manduriano, nonostante il forte stress del periodo, siano riusciti ad affrontare il grande carico emotivo e di lavoro con forza e professionalità.
“Gli eroi non siamo stati noi – ha affermato una dottoressa rianimatrice nel suo intervento – noi abbiamo solamente fatto il nostro lavoro, tenendo fede a un giuramento. I veri eroi sono stati i pazienti e i loro parenti, per come hanno affrontato tutto.”