Nel giorno precedente ed in quelli stabiliti per le elezioni vige il cosiddetto silenzio elettorale.
L’Italia ha una legge particolarmente severa su questa materia, ma che oggi risulta particolarmente anacronistica. Si tratta della legge 4 aprile 1956 n. 212, modificata numerose volte negli anni successivi.
In sostanza la legge stabilisce che «nel giorno precedente ed in quelli stabiliti per le elezioni sono vietati i comizi, le riunioni di propaganda elettorale diretta o indiretta, in luoghi pubblici o aperti al pubblico, la nuova affissione di stampati, giornali murali o altri e manifesti di propaganda. È fatto divieto anche alle emittenti radiotelevisive private di diffondere propaganda elettorale. Nei giorni destinati alla votazione altresì è vietata ogni forma di propaganda elettorale entro il raggio di 200 metri dall’ingresso delle sezioni elettorali».
L’idea alla base della legge è consentire ai cittadini un giorno per “riflettere” sul voto, senza l’assillo della propaganda. In forme simili a quella italiana, il silenzio elettorale esiste anche in Francia, Spagna e numerosi altri paesi. Non esiste invece nel Regno Unito e negli Stati Uniti, dove la prassi costituzionale ha ritenuto che la regola del silenzio elettorale violi la tutela della libertà d’espressione. In questi Paesi è vietata la propaganda soltanto nelle immediate vicinanze del seggio.
Su Facebook, Twitter e su tutti i social non esiste formalmente alcun silenzio da rispettare. Il legislatore, infatti, non ha – almeno per il momento – previsto alcuna integrazione alla legge che regola il silenzio elettorale che riguardi il web e, in particolare, le reti sociali.
Certo non esiste per la legge, ma esiste per il buon senso.