È “L’Angelica” il terzo titolo in scena al Palazzo ducale per il Festival della Valle d’Itria – Lo Stradone

È “L’Angelica” il terzo titolo in scena al Palazzo ducale per il Festival della Valle d’Itria

Angelica - ph. Clarissa Lapolla

Il Festival della Valle d’Itria è un punto di riferimento internazionale per la ricercatezza delle scelte operate in seno all’immensa eredità del teatro d’opera barocco che, dopo Griselda di Alessandro Scarlatti, viene ora presentato attraverso la serenata L’Angelica, nella quale il prolifico e influentissimo compositore napoletano Nicola Porpora intonò versi di Metastasio ispirati alle vicende amorose ariostesche di Angelica e Medoro.

Lo spettacolo andrà in scena al Palazzo Ducale di Martina Franca venerdì 30 luglio (ore 21) e martedì 3 agosto (ore 21), con la direzione di Federico Maria Sardelli in uno spettacolo ideato per la regia, le scene e i costumi da Gianluca Falaschi (fra i costumisti più apprezzati della scena attuale che in quest’occasione esordisce come regista), con movimenti coreografici di Mattia Agatiello e luci di Pasquale Mari. L’ensemble La Lira di Orfeo accompagnerà le voci di Teresa Iervolino (Orlando)Paola Valentina Molinari (Medoro), Ekaterina Bakanova (Angelica), Gaia Petrone (Licori), Sergio Foresti (Titiro) e Barbara Massaro (Tirsi) che si esibiranno insieme ai danzatori della Fattoria Vittadini in una coproduzione con lo Staatstheater Mainz.

Delicatissima la drammaturgia che sottende a personaggi e trame che, dietro un sistema di stereotipi formali e tematici – e una superficie sfavillante di virtuosismo – celano metafore e allusioni amorose ed erotiche, etiche e morali che l’aria col da capo, forma principe della musica e del canto all’italiana, articola in mille modi diversi tutti accomunati dalla medesima struttura.

«Siamo in un momento in cui la strada che porta all’Illuminismo ha dei risvolti molto precisi. Nel teatro musicale ad esempio si cerca sempre di più la chiarezza e la rarefazione, privilegiando di conseguenza le voci acute – afferma Federico Maria Sardelli – In Porpora ci sono tutti gli elementi che verranno fuori di lì a dieci anni nello stile galante, ma ancora sopravvivono certe asperità seicentesche».

«Nella messinscena cercherò di spiegare le ragioni dei personaggi: la seduzione diventa qui uno strumento attraverso cui conoscere se stessi – aggiunge Gianluca Falaschi – Questo è un barocco intimo dove però non rinunceremo alla macchineria: ma sarà una macchineria piccola, che sorge dentro un mazzo di fiori o che si specchia in un cappello. Vedremo balene, battaglie, forse persino cavalli, ma saranno solo ombre, come se osservassimo il mondo attraverso gli occhi dell’immaginazione».


Angelica

Angelica e Medoro fuggono insieme, innamorati, senza però mettere in conto la reazione furente del geloso Orlando. La serenata inizia in mediasres. La bella principessa del Catai ha appena finito di soccorrere l’avvenente saraceno, ferito in uno scontro con un drappello di soldati cristiani, e lo sta conducendo al sicuro nella foresta. Medoro la segue con tenera sorreggendosi al pastore Titiro lungo il tragitto. Angelica è perdutamente innamorata del giovane e non può nasconderlo. Titiro, rimasto solo, analizza il fortunato caso di Medoro. Sopraggiunge la pastorellaLicori, in apprensione per il suo amato Tirsi che non vede tornare. Questi le spiega di aver catturato nel bosco, un “orsacchino timoroso” per fargliene dono. Lei, a sua volta, gli regala una composizione di gelsomini, ma non può fare a meno di mostrare la sua gelosia. Il pastore la rassicura prontamente con arcadica compostezza, stemperando ogni importuno timore. Ma ecco irrompere Orlando, all’inseguimento forsennato di Medoro: turbando la quiete bucolica della scena, ferma allora i due pastori, svolgendo una rapida inchiesta sul fuggitivo.

Non sapendo alcunché, Licori invita il paladino a riposarsi sotto il loro tetto. Nel frattempo, i due amanti si ricongiungono, fra mille effusioni. Arriva però Orlando. Angelica ordina a Medoro di nascondersi.Lei cercherà di blandire il condottiero e, come previsto, Orlando crederà a ogni parola della principessa. Angelica, per meglio confonderlo, inneggerà al suo amore, in realtà rivolgendosi a Medoro. Licori invita Orlando a riposare, ma lui vorrebbe rimanere con la sua amata, che però lo esorta a seguire la pastorella, mentre lei andrà al ruscello. Licori è stupefatta dalla spregiudicatezza di Angelica nel corteggiamento. Medoro esce dunque dal suo nascondiglio e recrimina ad Angelica un affetto un tantino vacillante. Rimasti in scena Licori e Medoro, si apre un gustoso bozzetto didascalico di ars amatoria, con l’elogio del pianto quale potente mezzo di seduzione: il saracenosollecita Licori a mettere subito in pratica conOrlando gli insegnamenti ricevuti, creando cosi un intrigante diversivo, distogliendo il condottiero daAngelica, almeno momentaneamente. Il siparietto accade a marcio dispetto di Tirsi, che ascolta di nascosto e crede di essere stato effettivamente traditodalla sua Licori, così decide su due piedi di ripudiarla. Ritorna Angelica, alla quale spetta il compito di consolare Licori, alquantoafflitta per gli ultimi risvolti della sua relazione con il bel pastore. Intanto il sole sta tramontando e Angelica intende fuggire insieme a Medoro. Non c’è tempo da perdere. Angelica e Licori si separano.Nel frattempo, il vecchio Titiro informa fortuitamenteOrlando dell’amore clandestino fra la principessae il saraceno. Messo di fronte al fatto compiuto, Orlando è fuori di sé dalla rabbia. Titiro consegna allora alpubblico la morale dell’intera serenata nell’aria «Non cerchi innamorarsi | chi lacci al cor non ha». ArrivaTirsi, chiamato a condurre fuori dal bosco «i fuggitivi amanti». Licori lo implora di non essere più sospettoso e di credere alla sua buonafede. Il pastore, ancora innamorato, non può far altro che intenerirsi. Con il favore della notte, Angelica e Medoro sono pronti a fuggire. Tirsitarda a venire. Temendo di essere scoperti da Orlando,i due si avviano, coronando il loro sogno d’amore. Nella scena finale, è Orlando a essere protagonista e a furoreggiare. Perduta l’amante, il paladino è in preda alla più convulsa e implacabile follia.

Una Licenza, al termine della serenata, proietta il pubblico nelle celebrazioni del genetliaco di ElisabettaCristina di Brunswick-Wolfenbuttel. Qui Metastasio si rivolge direttamente all’imperatrice,scusandosi di non aver svolto precedentemente il tema encomiastico e augurando la nascita di un figlio maschio.