“Quella del centro storico è una comunità con tante potenzialità”. Ne è convinto don Peppino Montanaro, da poco più di un mese alla guida della parrocchia di San Martino. Una vita passata al servizio della Chiesa, con numerosi incarichi di amministratore parrocchiale sino al suo arrivo a Martina Franca alla parrocchia di San Paolo nel 1995 e più tardi al Divino Amore, oltre a numerosi incarichi diocesani, tra cui quello di cancelliere della Curia, per ben 27 anni, prima di passare il testimone a don Pasquale Morelli qualche giorno fa.
“In Basilica ho trovato una comunità con grande dignità e splendido decoro – ha detto don Peppino – sto scoprendo una produzione letteraria su cui in questi anni si è speso molto don Franco Semeraro e per cui oggi il nostro compito è quello di valorizzare tutta questa produzione”. Una delle finestre della casa canonica affacciano su piazza Plebiscito che, oltre a essere uno dei luoghi più importanti della città, è diventata soprattutto in questi ultimi anni il luogo di ritrovo notturno per i giovani. Don Peppino è consapevole del ruolo pastorale a cui è chiamato, in linea con il messaggio dell’Arcivescovo Mons. Filippo Santoro, anche alla luce degli sviluppi di un centro storico che si sta trasformando, poco recettivo sotto il profilo della residenzialità, ma grande attrattore dal punto di vista turistico, culturale e dello svago in genere. A risentirne sono le due comunità parrocchiali del centro storico, la San Domenico di don Piero Lodeserto e la Basilica di San Martino di don Peppino appunto, i cui parroci sono entrambi impegnati in un lavoro di valorizzazione delle loro comunità. “Per certi versi – dice don Peppino – il centro storico è diventato la periferia della città, incrementare la vita nelle parrocchie dipende anche dalla comunità stessa e dalla vita del centro storico”.
Si tratta di un rapporto di equilibrio tra stili di vita mutati, nuove generazioni e attrattività di un luogo – il centro storico – che non può essere destinato solo alla vita notturna del periodo estivo.
“La Basilica – dice don Peppino – può essere fonte di attrazione e proposte, così come lo è stata sino a oggi”. Ci sono delle difficoltà oggettive che non sono legate alla comunità e alla parrocchia, ma su cui certamente si può e si deve intervenire. “La nostra ricchezza sono le persone – dice – disposte a mettersi a servizio della parrocchia, ma bisogna lavorare sui più giovani”. Poi ci ha raccontato un aneddoto recente: “L’altro giorno sono salito sulla parte alta della Basilica, vicino alla croce della facciata, e mi sono reso conto che quanto dal punto più in alto si osservano le cose, tanto più si riesce ad acquistare una dimensione diversa”, una riflessione questa che può essere applicata a tutti i contesti della vita.
La parrocchia di San Martino, nei secoli, è stata la chiesa matrice dalla quale sono nate tutte le altre comunità parrocchiali, in linea con una città che si stava espandendo. “Noi pensiamo che il mondo nasca con noi e muoia con noi, invece la cultura ma soprattutto la fede sono immortali e senza tempo”. Anche per queste ragioni don Peppino ha deciso quest’anno, per le celebrazioni dell’ottavario del santo patrono, di coinvolgere tutte le comunità parrocchiali, affinché la Basilica sia patrimonio dell’intera città. Da qui la scelta di assegnare il “Sigillo martiniano” all’Arma dei Carabinieri e l’olio della lampada ai santi donato dalla Polizia locale. “È la comunità cristiana che ringrazia il Signore per il dono della fede”.
Fede e cultura, un binomio su cui la Basilica di San Martino può giocare un ruolo fondamentale, la valorizzazione della biblioteca e dell’archivio storico, ma anche il MuBa. Documenti del ‘600 e del ‘700 che saranno catalogati e digitalizzati per migliorarne la loro fruibilità. “Quando ero parroco al Divino Amore – dice don Peppino – eravamo soliti portare i ragazzi prossimi alla Cresima in visita al Museo della Basilica e ad attenderci c’era don Franco Semeraro ad accoglierci come ospiti pellegrini. Mi piacerebbe esportare questa idea, affinchè questa divenisse un’iniziativa di tutte le parrocchie della città”.
Ottavio Cristofaro