Ammonta a circa 250 milioni di euro la perdita di valore in una giornata per l’agricoltura italiana se si usa come parametro la quotazione del grano duro registrata a Foggia, una delle Borse Merci italiane di riferimento per questo prodotto, la scorsa settimana. Anche nel 2023 la produzione nazionale di grano duro, infatti, si attesta complessivamente intorno ai 4milioni di tonnellate, con i 6 euro in meno al quintale registrati la scorsa settimana i conti sono facili. Il calo ovviamente non è uniforme in tutta Italia e certo non tutta la produzione è stata venduta a quel prezzo, ma è altresì chiaro che crolli di queste dimensioni non possono che generare grande apprensione tra i produttori agricoli.
Così come è evidente che, come in tutti i mercati, la perdita di qualcuno genera vantaggi ad altri. Ed è per questo che come Confagricoltura Foggia – dichiara il presidente dell’associazione di categoria, Filippo Schiavone – rimarchiamo la necessità di fermare queste politiche speculative che nel medio periodo possono distruggere la cerealicoltura del nostro territorio, una delle eccellenze produttive di Capitanata. Anche per questo vanno rispettate in modo ferreo tutte le regole che riguardano l’importazione di materia prima dall’estero. Anche perché la filiera legata al grano duro italiano, rappresenta uno dei pochi solidi pilastri su cui regge l’economia provinciale.
Oggi alla Borsa Merci il prezzo è rimasto invariato, dimostrando che il continuo altalenante prezzo di questa materia prima, oltre che da situazioni di geopolitica internazionale e dall’andamento dei mercati mondiali, è regolato da interventi speculativi che seppur periodici, non possono essere più sopportati dal mondo agricolo. Speculazioni che, inoltre, spesso finiscono col generare ripercussioni sui prezzi di alcuni prodotti finiti lungo la filiera che danneggiano in modo significativo le fasce più deboli della popolazione.
La soluzione più sensata per gli agricoltori – ribadisce Schiavone – rimane quella di regolare l’immissione di flusso di grano sui mercati, in modo da trovare un prezzo equilibrato al nostro oro giallo. Politiche commerciali che scaturiscono, come insegnano le elementari regole della microeconomia, da un soddisfacente punto di incontro tra domanda e offerta. Ma tutto questo avviene solo se tutti i coltivatori di grano duro comprendono che c’è bisogno di conferire il prodotto a chi è in grado di arginare con la propria massa critica le speculazioni sul prezzo. Questo lo possono fare meglio le Organizzazioni di prodotto o le Cooperative Agricole che, oltre a svolgere con la forza dei grandi numeri le trattative sul mercato, possono esercitare un ruolo di “banca di prodotto”, garantendo un ordinato flusso finanziario che spesso manca alle imprese di settore, specie le più piccole.