Si può stare senza mangiare settimane; si può stare senza bere per qualche giorno; si può stare senza respirare solo pochi attimi. “Ammalarmi di Covid si è rivelata un’esperienza per fermarmi, riflettere e ripartire con nuova energia”, a condividere con noi questa testimonianza e queste riflessioni è Graziana Giuliani, un nostra affezionata lettrice, ma soprattutto una donna, una madre, una imprenditrice e impegnata nella promozione sociale.
Molti auspicano che, al più presto, tutto ritorni come prima, ma questo contributo va in una direzione completamente diversa.
Nessuno di noi dovrebbe consentire che tutto torni come prima!
Il Covid sta tracciando un passaggio, visibile da tutti, per non tornare indietro: sta dicendo a ciascuno di noi che possiamo ri-concepire la rotta, se vogliamo una vita/respiro di qualità.
Siamo arrivati qui, nell’emergenza sanitaria, per delle scelte precise, fatte negli ultimi 30 anni, fondate su standard, tagli, personalismi, interessi privatistici, e, dunque, l’inevitabile corruzione.
Fondamenti che hanno favorito la “salute dei conti”, asseverando a essi quella della persona e del bene comune.
Ne è testimonianza evidente, la legge (L. 264 del 2 agosto 1999) che non ha reso possibile preparare e abilitare per tempo (sin dal lontano 1999 – L. 264 del 2 agosto) personale sanitario (medici, infermieri, ricercatori…), operatori della cura della persona (psicologi, psicoterapeuti, counselors,…) e insegnanti: una legge approvata dal centro sinistra, “ in conformità – si legge nel testo – alla normativa comunitaria vigente e alle raccomandazioni dell’Unione europea (…) che determinano standard formativi (..)” ; una legge che relega a “livelli standard” il tema della salute e della cultura dei cittadini, perché è la stessa Unione europea che li raccomanda.
A questa legge ha fatto seguito un altro provvedimento, il Patto per la Salute del 28 settembre 2006, meglio conosciuto come “Vincolo di spesa 2004” (approvato questo dal centro destra): un protocollo tra Governo e Regioni dove le parti convengono che la spesa sanitaria italiana deve sottostare agli obblighi comunitari e agli obiettivi di finanza pubblica per il rientro nei parametri di Mastricht.
Questo breve focus storico, evidenzia concezioni, di altri tempi, condivise da tutti gli orientamenti partitici, Comunità Europea inclusa: un modus cogitandi ed operandi di Istituzioni, guidate da politici, che, allora, come ancora oggi, siedono in entrambi i Parlamenti italiano ed europeo e da qualche giorno si accingono a governare “tutti insieme” (si spera) il nostro Paese.
Il riconoscimento da parte loro di quelle visioni e scelte sbagliate, potrebbe rivelarsi un atto-modello per non ricommettere più gli stessi errori e restituire un piccolo respiro di sollievo a chi quel respiro se l’è sentito negare perché si è ammalato, o è stato vittima o si vive, oggi, il lutto della morte in solitudine di un familiare.
Il riconoscimento di quegli errori, oggi, può rivelarsi un’importante occasione per tracciare un nuovo percorso che vede come protagonisti, la nuova compagine di Governo e soprattutto la collettività, cioè ciascuno di noi: la spinta per una una direzione diversa dalle logiche degli standard, tagli, ecc. si può attivare, se c’è la volontà condivisa a ri-concepire i nuovi centri d’interesse per una vita di qualità ad “ampio respiro”. Vogliamo un “livello standard” che sia garanzia per tutti ad essere curati e educati oppure vogliamo continuare a concepire lo standard come l’ingabbiamento in parametri che limitano la tutela della salute, e non solo, e vincolano all’istruzione?
Stringendo il focus sul tema Salute, io vorrei essere curata come persona nella sua globalità, mentre oggi, la Salute, nel nostro Paese, è concepita nella sola dimensione medica, lasciando all’iniziativa del singolo, la ricerca di un aiuto a sostegno degli stati d’animo e mentali: una ricerca che tendenzialmente non si attiva in via preventiva, ma dopo che c’è stato un danno. Per non parlare, poi, dell’aspetto diagnostico, inesistente nel SSN, per le liste d’attesa assurde e conclamate da anni, che dirottano inevitabilmente gli accertamenti verso le strutture private a pagamento.
Durante la malattia ho avuto il privilegio di potermi curare a casa grazie a una prevenzione efficace, sorvegliata e monitorata tempestivamente dal mio medico di famiglia dott. Paolo Motolese, che ringrazio per aver rappresentato egregiamente quella parte di medicina territoriale presente e che cura a casa, senza privare le persone degli affetti e comfort domestici.
Ma è un Sistema questo che non cura integralmente la persona, in quanto non può assicurare quel supporto emotivo competente, a cui accennavo prima, fondamentale soprattutto durante una malattia. Personalmente ho potuto riceverlo da Riccardo Ciccolella (psicologo e counselor) dell’associazione Macroscopio, quindi da una realtà esterna al SSN.
Personalmente seguo da alcuni anni le attività dell’associazione e la Scuola di Counseling Fileoenergetico e grazie a queste esperienze vissute sull’apprendimento attivo alla cura di sé, ho potuto vivere questo momento di malattia in modo integrato. In pratica, per non privarmi di questo supporto, me lo sono cercato.
Ora, una Sanità che cura solo il corpo, è una Sanità che non cura; una Sanità che si prende cura della salute delle emozioni, del corpo e della mente e organizza per tempo una medicina territoriale e diagnostica è una Sanità che ha a cuore la Salute dei suoi cittadini ed è pensata per prendersi cura della persona integralmente.
Oggi questa Sanità integrata non c’è e il Covid può essere un occasione per tutti noi per ambire ad essa, attivando percorsi di confronto e/o utilizzando quello che il territorio, già oggi, può offrire in termini di supporto alla cura della persona. Per esempio, segnalo lo sportello di ascolto telefonico che l’associazione Macroscopio mette gratuitamente a disposizione per tutti coloro che volessero un aiuto nell’attraversare momenti particolari di disagio.
Sarebbe interessante scoprire che proprio la comunità martinese manifestasse la volontà di voler inaugurare uno spazio libero di confronto, all’interno del quale poter raccontare modelli e esperienze divergenti, che da anni operano efficacemente nel nostro territorio, ponendo al centro delle loro visioni la persona e il Bene comune.
Potrebbe essere un’occasione per svegliare quel senso di autentica partecipazione attiva e liberamente pensante collettiva, che soprattutto negli ultimi 10 anni si è un po’ assopita e anestetizzata in questa nostra città; un’occasione per mettere in cantina immobilismi, logiche paesane, personalismi molto radicati qui a Martina e aprirsi finalmente a uno spazio condiviso dove poter scattare una fotografia del reale stato di benessere di Martina e dei martinesi; un percorso per ri-concepire ad ampio respiro questa nostra terra da protagonisti.
Graziana Giuliani