“La radice umana della crisi ecologica” è stato il titolo della relazione che il prof. Tonino Scialpi, docente di storia e filosofia e attuale Assessore alla Cultura del comune di Martina Franca ha tenuto alla chiesa del Carmine sull’Enciclica di Papa Francesco Laudato si’.
L’Enciclica prende il nome dall’invocazione di San Francesco, “Laudato si’, mi’ Signore”, che nel Cantico delle creature ricorda che la terra, la nostra casa comune, “è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia”.
Quella di Scialpi è una visione straordinaria filosofica per tutti, per i credenti e per tutti gli altri capace di offrire una visione di insieme che crea un filo conduttore con le parole dette a Martina Franca da Papa Giovanni Paolo II nel corso della sua visita a Martina Franca nel 1989 e le parole attuali di Papa Francesco. Scialpi crea un’immagine metaforica sulla lettera al mondo del Santo Padre paragonandola a una “nebbia che filtra sotto la porta chiusa” e ne spiega il perchè.
L’enciclica di Papa Francesco è un capovolgimento e un allargamento di sguardo “sul mondo e sull’uomo per coglierne la bellezza, come la nebbia che filtra sotto la porta chiusa”. Propone una nuova questione morale, cercando di superare la frattura tra i fatti legati alla supremazia delle tecno-scienze (neutre sul piano etico, ndr) e il mondo dei valori, ritenuti inutili in un’epoca in cui il destino dell’uomo è affidato quasi esclusivamente alla tecnologia e alla potenza di chi decide.
La concezione materialistica ed edonistica della qualità della vita, ereditate dal Novecento, – dice Scialpi – “esigono una crescita del consumo e del possesso dei beni che esclude e non include tutti gli uomini. Questo implica una società ed un mentalità che giudica come “progresso” umano ciò che si trasforma unicamente in cifre di affari, ponendo come presupposto il fatto che le risorse naturali e lo sviluppo siano illimitati e infiniti. Quindi, invece, ci vuole un “limite”.
Francesco liquida questo modo di pensare come “menzogna” che cela la “il bello dei valori”
Rompere questo velo, significa soprattutto comprendere che la “crisi ecologica” è prima di tutto una crisi di valori e, quindi, una crisi morale.
Come si esce?
Un nuovo “sguardo” sulla natura e uno “sguardo” sull’uomo, in cui non sono centrali né la natura (biocentrismo) né l’uomo (antropocentrismo): due visioni fondamentalistiche che, da sole, sono la causa dei mali attuali, in quanto non includono un valore profondo ed unico: la Dignità dell’uomo e della natura. La libertà, soprattutto, di dare un senso alle cose senza farsi “cosa”, senza essere schiavi l’uno dell’altro. Alienati.
Detto francescanamente è il centro, ovvero il Creato.
L’enciclica non è una rivolta contro il Progresso – sostiene Scialpi – al contrario la Tecnologia e la sua continua innovazione risolvono problemi della condizione umana in un contesto in cui l’Ecologia è ‘integrale’, in cui il ritmo dello sviluppo non è affidato solo alla velocità per pochi, ma diventa lento e razionale per tutti”.
Rallentare – dice – serve a “recuperare gli sviluppi positivi e sostenibili, al tempo stesso recuperare i valori e i grandi fini distrutti da sfrenatezza megalomania”.
In che modo?
Non mettendo al bando Scienza e Tecnologia, ma recuperando una base etica e valoriale che aiutino tutti ad essere più indipendenti e meno schiavi, nella vita quotidiana, di una corsa insensata verso il consumismo, dimenticando il significato più profondo dell’essere uomini non solo in una parte del mondo, quella più fortunata, ma in tutto il mondo, in connessione continua con il “ Tu”(Dio) e gli altri, sia nell’uso delle risorse, sia nel lavoro, che nelle modifiche umane della natura.
Analogo messaggio era contenuto nei discorsi di Giovanni Paolo II a Taranto e a Martina nell’ottobre del 1989, quando parlò di “Ecologia Umana” e di inversione di marcia dello sviluppo.
L’enciclica non è una narrazione sui mali, ma una terapia d’urto per ricercare il fine spirituale nell’uomo e nelle sue azioni, sovente, insensate, distruttive e diseguali.
Ottavio Cristofaro