Il bivacco della politica martinese – Lo Stradone

Il bivacco della politica martinese

L’attacco portato a don Franco Semeraro da parte di un esponente politico ha suscitato l’inizio di una polemica. Interessante nel suo sviluppo. Come si sa la lettura del messaggio da parte di don Franco a fine processione di Corpus Domini aveva già lasciato qualcuno attonito. I mali di Martina, ivi elencati con dovizia, quali l’incapacità di progettare, ad operare per il bene comune, a parlare di cortine fumogene che nascondono la verità della nostra città ci sono. E ‘ inutile dirlo. Al massimo si potrebbe chiedere a don Franco di essere un po’ più morbido nei toni, ma non di evitare di parlare. Mi soffermo molto sul fare da sé.
Avete passeggiato nella città durante l’ultima campagna elettorale? Vi dico un po’ quello che è stato. Apparentemente tutti col sorriso sulle labbra. Salvo qualcuno che ha continuato a usare toni da battaglia, anche sulle emittenti televisive. Il solito carrozzone. Tanti ragazzi, scelti fra persone che noi diremmo con eufemismo dialettale tradotto in italiano corrente col “buone buone” improvvisatesi strilloni e propagandisti di alta categoria. Non che non ci debba essere pubblicità, per carità. Ma un’ostentazione esagerata e non moderata di volantini fa pensare. Fra l’altro molti di questi potrebbero anche essere scesi a patti lavorativi e la cosa mi sconvolge ancora di più. Perché il martinese è spesso clientelista. Raramente non è testa dura. Non è forse crisi questa?
E poi. Alla prima giornata niente eletti sicuri martinesi. Ancora l’arte del fare da sé. La cosa che più di tutte mi stupisce è che l’accusa nei confronti di don Franco me la sarei aspettata da parte di esponenti radicali di sinistra che, a modo loro, affermano che la fede deve essere separata dalla politica. Da laico credente dire questo ha per me il significato di affermare che chi vuole portare i valori cristiani in politica deve essere messo da parte. La posizione mi appare alquanto illuminista. Non da forza di destra che si rifà, normalmente, a valori che sono fondanti. Si può anche dire che un sacerdote non deve parlare di politica in una processione. Forse. Può anche essere vero. Io stesso non approvo molte cose che accadono nelle parrocchie.
Si parla di Dottrina Sociale. Che cosa gradita e compiuta. Finalmente. Nell’anno che porta al 2010, alla Settimana Sociale di Reggio Calabria. Davvero inaspettato questo giro di vite anti don Franco con una citazione della DSC nelle righe. Mi auguro che la PDL stia preparando a modo suo l’appuntamento con grande forza e profondità. Consiglierei la lettura di alcuni testi, come la nota dell’allora card. Ratzinger sulla responsabilità dei cattolici in politica. Il PD dal canto suo spera di navigare in acque floride. Leggete anche voi la nota. Ma ho dubbi su una reale capacità di lavoro a lungo termine. E Martina? Per dirla con la Rivoluzione Francese c’è la Palude. Il fermarsi di ogni idea. Nuvole grigie all’orizzonte? Non riconosco il coraggio dei nostri antenati martinesi che costruirono la Basilica di S. Martino a costo di sacrifici. Non vedo quella saggezza che fa della martinesità una categoria dello spirito, parafrasando un link di Facebook. Il mondo cattolico martinese è difficile. A volte si ha negatività. A volte presenzialismo. A volte vera carità. Ma se un sacerdote richiama la città, in maniera giusta o sbagliata non mi interessa, reputo lo faccia per la città. Nutro grande affetto vero i sacerdoti martinesi. Hanno coraggio. Sono persone che si sacrificano. Vivono per le comunità davvero. Non per proprio ben-essere. La crisi esiste. Esiste perché è vicina l’incomunicabilità. E i sacerdoti hanno il dovere di parlare, pro o contro. Sono bussole del vivere. In Consiglio comunale, a parte qualche grillo parlante, si bivacca. Perché bisogna chiedere i favori? Perché le promesse nella ricerca di un voto? Forse perché è la Dottrina Sociale che ce lo richiede? Nel Compendio della Dottrina Sociale è la persona il punto di riferimento. Non sono in posti di lavoro facili. Non sono in piste di atletica o di skateboard, non sono in chi ti accelera una pratica.

Antonio Cecere