Discorso di Don Franco Semeraro alla conclusione della processione del Corpus Domini a Martina Franca, sulla scalinata della Basilica di San Martino
Stasera abbiamo dato a Gesù, il Signore, il meglio di quanto abbiamo: le nostre presenze, le nostre voci uniti nella preghiera, il nostro canto, il profumo dell’incenso, le fiammelle dei ceri, i colori del nostro cielo primaverile. Gli abbiamo consegnato, in un certo senso, le chiavi delle nostre case, della nostra città.
Ma a pensarci bene è Lui che ci ha dato tanto, ci ha dato ancora una volta tutto Se Stesso! Il Suo passaggio tra le nostre strade è stata la metafora più bella dell’amicizia che Egli vuole avere con noi. In fondo Egli desidera noi, non le nostre cose. Vuole il cuore! Desidera camminare con noi per regalarci una vita bella, buona. E anche quando la strada si dovesse fare accidentata, insidiosa Lui non si allontana, resta non solo accanto a noi ma in noi, come una fontana di fiducia, di immensa consolazione, di tenerezza senza fine. Abbiamo bisogno come il pane, come l’aria, di sentirci amati da qualcuno, pensati, attesi, altri-menti è solitudine, buio, gelo.
Lui, nella sera del Corpus Domini, ci ha detto, cuore a cuore, che ci ama, che si fida di noi; ci ha invitati a guardarci dentro, fino nel fondo, a ri-scoprire i tanti talenti che ha seminato in noi.
È una avventura stupenda quella che stasera stiamo vivendo: il racconto di una storia di eterna amicizia. Lui ci cerca, lasciamoci incontrare. La dinamica dell’Eucarestia, che è il Cristo presente, è quella della reciprocità del dono; è veramente “comunione”, come semplicemente diciamo, pensando all’Ostia consacrata, riferendosi alla Messa. Stasera siamo stati avvolti nella bellezza essenziale dell’Amore, del Dono di Gesù per noi.
Un dono non esclusivo, che invece si allarga, ci coinvolge come in cerchi sempre più ampi, in orizzonti sempre più vasti. Confessiamo che purtroppo non sempre, ci lasciamo trascinare dal vortice dell’Amore. Pensiamo alle nostre mancate risposte al Signore, agli appuntamenti saltanti con Lui; ai sì non detti. Emerge la sequenza dolorosa dei nostri peccati contro l’amore di Dio. È il senso dei gesti di pentimento che ritmano la celebrazione della Eucaristia.
Se l’amore è diffusivo e contagioso avvertiamo anche, nella sera del Corpus Domini, come una ferita, che tante volte abbiamo operato una cesura nei riguardi dell’altro, non ci siamo detti
disponibili a progettare, a scegliere, ad operare per il bene degli altri, di quelli della nostra stessa famiglia, della nostra comunità di fede.
Sappiamo, e ne facciamo dolorosa e sconcertata esperienza, quanto questo circuito virtuoso si stia interrompendo nella nostra stessa città.
Stranamente Martina Franca si sta isolando, si sta chiudendo, sta alzando intorno a sé una specie di cortina grigia e perciò si sta impoverendo. Sta così penalizzando e privando di stimoli forti, di segni di vivacità, il nostro territorio più vasto.
Il colle di San Martino viene sempre meno frequentato, meno ambito. La qualità della vita lascia sempre più a desiderare; c’è un arretramento progressivo di ammirazione, di simpatia verso questa città, una dolorosa e pericolosa forma di marginalizzazione.
Vi sono ormai evidenti indicatori che andrebbero analizzati in maniera più approfondita: si è quasi totalmente fuori da finanziamenti per il rilancio della città; calano gli investimenti; non si realizzano opere pubbliche di significato da decenni; vi è una paralisi della edilizia; il comparto tessile ha il fiato grosso. La povertà bussa ormai alla porta di tante famiglie, mentre sta crescendo il numeroso dei senza lavoro! La città si sta rassegnando ad una forma di governabilità di profilo mediocre, nella quasi paralisi degli organi istituzionali della democrazia civica.
Sarebbe pericolosa la scelta che a volte tenta molti della comunità cittadina: fare da sé, bastare a sé, darsi risposte autonome, annullare il confronto e il dibattito.
Si evita di chiedere conto dell’operato di chi è preposto a servizio del bene pubblico e si preferisce non muovere le acque stagnanti, in una ritualità democratica ripetitiva, senza originalità.
Si indurisce la corteccia della autoreferenzialità, nel rigetto di ogni progetto serio che aiuti a fare squadra, a creare sinergia. L’esercizio della demolizione reciproca, in ogni ambito di vita, è solo dissennato!
La città si è quasi assuefatta al non compiuto, all’arrangiato, al brutto, al non funzionale, a porre gesti, scelte inadeguate per la modernità.
Il bello, tipico di Martina Franca, non ha se non pochi cultori. Avanza il traffico caotico, l’abbandono di quell’incomparabile e fascinoso patrimonio che è il Centro storico. La stessa straordinaria “campagna” martinese punteggiata di Trulli ha consegnato il testimone del protagonismo della bellezza, dell’ordine, della cura, ai territori viciniori.
E’ la cultura globale di Martina, la sua “facies”, ad essere smarrita. Si sta generando un contagio al ribasso. In molti si ripete che così non si va da nessuna parte ma non si ha il coraggio determinato e profetico di dire “basta!”
Certo, anche la stessa presenza cristiana in città, deve rivedere la sua capacità di presa, la sua forza di incisività. Va indubbiamente rivisitato lo stile eucaristico delle nostre parrocchie, a cominciare da quella in cui sono pastore. Ci sfugge l’arcipelago giovanile che evidenzia tutta la crisi dell’educare oggi ! Forse è l’ora di rimettere insieme le risorse cristiane, culturali, laiche della città per ri-leggere, non sporadicamente ed emotivamente questo nostro vissuto, queste nostre difficoltà, per ridisegnare una città alternativa a quella trasandata di oggi. Non una “terza forza” ci serve, ma un’anima nuova per la Comunità del Millennio che avanza. C’è solo da provarci ! Il VII centenario della fondazione della città può essere una occasione da valorizzare, senza confusioni e dannosi esclusivismi! In questi giorni si chiude l’Anno paolino indetto dal Santo Padre per ricordare i 2000 anni dalla nascita di Paolo di Tarso. È con Lui che vogliamo vivere questa ultima ora della intensa giornata eucaristica del Corpus Domini: “ Se uno è in Cristo è una creatura nuova, le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove “(2 Cor.5, 17)
Vi è qui tutta il dinamismo dirompente della Presenza di Gesù in mezzo a noi! Ritrovare Lui è riaprire strade, gettare ponti di collaborazione, attivare genialità di condivisione e di confronti.
Guardando Lui, ha ripetuto Benedetto XVI, oggi all’Angelus Domini, e adorandoLo, noi diciamo: sì, l’amore esiste, e perché esiste, le cose possono cambiare in meglio e noi possiamo sperare.
Questo Pane, che è il Corpo di Gesù, ci sollecita a raccontarci storie di amore, di servizio per il bene di tutti; storie di incontri e di progetti perché la sera non avanzi oltre!