“Quelle pergamene (esposte per tutta la giornata di ieri a Palazzo Ducale, ndr) non sono dei semplici pezzi di carta, ma delle attestazioni della storia della nostra città”. Così lo storico di Umanesimo della Pietra Nico Blasi nel suo intervento prima della Lectio Magistralis del Prof. Cosmo Damiano Fonseca a dare opportuna evidenza dell’importanza storica di quei documenti.
La storia si tramanda con i segni. Lo sanno bene gli studiosi di storiografia, di demografia, di scienza archivistica. Se quelle pergamene possono essere esposte oggi a Palazzo Ducale è merito di chi le ha scritte, di chi le ha conservate, di chi se n’è preso cura.
E noi invece cosa lasceremo alle generazioni future?
La domanda la rivolgemmo per la prima volta tre anni fa alla passata amministrazione, in occasione dei festeggiamenti per l’anniversario del settimo centenario del Casale della Franca Martina.
In quell’occasione vennero organizzati una serie di incontri, convegni e dibattiti. Al sindaco di allora facemmo presente l’opportunità di lasciare traccia di quanto si stava facendo, attraverso un resoconto stenografico degli incontri, una registrazione video, una relazione di sintesi, insomma qualsiasi cosa fosse utile a lasciarne traccia. Perché gli archivi storici devono essere qualcosa in continuo divenire. Il nostro suggerimento cadde nel vuoto, tant’è che oggi di quelli incontri, di soli tre anni fa, non è che sia rimasta tutta questa memoria storica in termini di documenti.
La stessa questione l’avevamo sottoposta alla nuova Amministrazione. L’occasione fu quella del convegno con i vertici della Lega Pro di calcio e le Istituzioni locali per l’apertura di una discussione sull’ipotesi di realizzazione di un nuovo stadio a Martina Franca. Non c’è traccia di nulla di scritto; se non fosse per la rassegna stampa potremmo dire che nessun incontro c’è mai stato. Ma chi si occupa di “queste cose” sa bene che i giornali sono classificati solo come una fonte secondaria.
Ultimo episodio solo ieri, quando a fronte di un interessantissimo convegno del Prof. Fonseca, non ci è rimasta alcuna traccia storica.
Evidentemente questa sensibilità non è matura in alcun amministratore pubblico, la cultura fatta in questa maniera rischia di trasformarsi in bigotto mecenatismo e inutile passerella narcisistica.
E poiché negli amministratori pubblici si continua a faticare nel far maturare una tale sensibilità storica, allora questa volta ci rivolgiamo agli storici, affinchè siano loro stessi a far comprendere l’importanza della conservazione del nostro presente che domani, per qualcun altro, sarà studiato come storia del passato.
A Nico Blasi, a Don Fonseca (concittadino onorario di Martina) e a tutti gli altri operatori culturali è richiesto lo sforzo di sollecitare le istituzioni in tale direzione.
Ottavio Cristofaro