Internet coi suoi social networks, forum, blog ha ormai detto di tutto e di piu’ sulla Maratona delle Dolomiti di ciclismo amatoriale, anche quest’anno svoltasi a Corvara (BZ) su e giu’ per i famosissimi passi Pordoi, Sella, Falzarego, Giau; passi che hanno visto i campioni del passato e del presente fare la storia del ciclismo professionistico. Cos’altro aggiungere per cercare di non cadere nel banale, nell’ovvio, nel gia’ detto e nel gia’ scritto?
La fredda, anche dal punto di vista climatico, cronaca di una irripetibile avventura sarebbe poco rispettosa per tutti, pubblico, organizzatori, ciclisti partecipanti. Viene comunque spontaneo, poiche’ dettato dal proprio orgoglio e dalla fierezza di essere stato uno dei 9000, sottolineare innanzitutto la presenza del GC Martina Franca che, fortunato nell’estrazione di partecipazione, e’ giunto numeroso al via anche di questa manifestazione. Ben 29, infatti, i ciclisti di Martina Franca con preparazione ed aspettative diverse, ma sostanzialmente suddivisi in due gruppi : quello dei “senza fretta” disponibili ad affrontare con impegno e in gioiosa comitiva le asperita’ del percorso corto, medio o lungo; quello delle “sfide con se stesso” , per i quali, pur trovandosi in un serpentone di 9000 ciclisti, non esiste nessun altro attorno, ma solo un’impresa da compiere nel superare se stesso. Motivazioni, condizioni fisiche e attitudini diverse ci portano a fare delle scelte, avendone la possibilita’, provando pero’ forse le stesse sensazioni, emozioni, paure, gioie, fatiche. C’e’ chi ha bisogno di un compagno con cui condividere lo sforzo, la sofferenza, la felicita’ alla vista del traguardo; c’e’ invece chi, per vincere la sua sfida, ha bisogno di ascoltare il silenzio della montagna, al quale, filtrato, si unisce rompendolo solo il suono della propria bici, della catena che, lucida di lubrificante, trascina quel pacco pignoni piu’ volte osservato, smontato, modificato per l’occasione e provato, i cui denti si inseriscono sofferenti nella maglie, ma pronti e decisi a far girare quella ruota posteriore che muove la bici sulla salita, tornante dopo tornante, vetta dopo vetta, discesa dopo discesa. Non esiste pianura in questi percorsi; non ci si puo’ rilassare e tirare il fiato; le salite non sono impossibili, ma certamente lunghe e devi rimanere concentrato, dissociandoti, se ci riesci, dal gesto atletico per alleviare un po’ la fatica. Le discese sono impegnative; bisogna stare attenti soprattutto perche’ si e’ in tanti ed ognuno fa la sua traiettoria. I freni stridono e fanno venire i brividi; i cerchi in alluminio ovattano un po’ l’attrito dei pattini; quelli in carbonio, meno pronti ma piu’ efficaci, danno l’impressione di arrivare lunghi alla curva, ma al punto giusto la bici rallenta, fa la curva e poi riprende velocita’. Sembra andare da sola, sembra quasi di essere un passeggero scarrozzato nelle splendide strade delle Dolomiti. Solo allora ti accorgi di quanto la bici e’ parte di te, della tua vita, del tuo corpo, della tua mente. Giungendo al traguardo i maledetti crampi di colpo vanno via; ci sono gli amici, i compagni di squadra che ti accolgono, ti sostengono, si complimentano, ti emozionano, ti fanno piangere. Ma il primo abbraccio e il primo bacio sono per la bici; anche questa volta affidabile, fedele, sicura e insostituibile compagna di viaggio. Il GC Martina Franca e’ giunto al completo al traguardo nella serena e modesta consapevolezza che, a prescindere dalla classifica finale, comunque ognuno del gruppo ha compiuto la sua breve, media, lunga, ma pur sempre impresa! Non importa il tempo impiegato; non importa se i crampi ti hanno appiedato piu’ volte; non importa se la macchina di fine gara ti ha soffiato sul collo. E’ vero, una volta imboccato un percorso non si torna piu’ indietro; ma e’ d’obbligo il rispetto per una distanza ed un dislivello mai affrontato, per uno sforzo mai sostenuto, per le montagne che come giganti hanno atteso, fortunatamente invano, la resa. Qualche inutile e pericolosa bravata e’ stata fatta; ci e’ andata bene stavolta; speriamo di non dimenticarla. Comunque, siamo stati tutti protagonisti di un concerto e le montagne hanno ascoltato la nostra musica fatta da stridule frenate, da fruscianti catene, da ruote sibilanti, da respiri affannosi, da lamenti di fatica, da urla da gambe doloranti e alla fine liberatorie di gioia.