La Rigenerazione Urbana non serve solo a costruire nuove case – Lo Stradone

La Rigenerazione Urbana non serve solo a costruire nuove case

Il Comune di Martina Franca ha finalmente deciso di cambiare vestito, o almeno di provarci a farlo.
La conferenza stampa del 2 marzo e il primo forum cittadino, tenutosi il 6 marzo, hanno espresso la volontà dell’amministrazione di avviare un percorso, nelle speranze quanto più breve e proficuo possibile, per intervenire sulla città e avviare un processo di rigenerazione della stessa.

Il background legislativo su cui si intende procedere è la legge n. 21 “Norme per la Rigenerazione Urbana” del 29 luglio 2008 con cui la Regione Puglia ha inteso favorire e facilitare l’attuazione di strumenti urbanistici “volti a promuovere la riqualificazione di parti significative di città e sistemi urbani mediante interventi organici di interesse pubblico”.

Il tema della rigenerazione costituisce la pratica attuale più diffusa in campo urbanistico, perché archiviata quasi definitivamente la politica dell’espansione, della corsa all’oro, o alla periferia della periferia, la città torna a guardare se stessa, a tracciare un bilancio di come è venuta su. Questo meccanismo endogeno si origina dalla constatazione che, a fronte della diminuzione della domanda abitativa, c’è una crescente richiesta di qualità abitativa. Essa non può esaurirsi unicamente nella dimora, nel poetico nido familiare, si articola e si arricchisce di servizi, spazi di aggregazione, aree a verde. Probabilmente queste necessità sono ancora poco avvertite in città; il fenomeno delle seconde case, della villeggiatura estiva molto diffusa tra i cittadini martinesi, potrebbe aver contribuito a rendere meno soffocante e opprimente la totale assenza di aree pubbliche attrezzate, ma questo non significa assolutamente che il problema non esista.

Un Programma di Rigenerazione, che non vuole perdere il suo treno con la storia della città, deve necessariamente intervenire sul tessuto esistente, mettere a fuoco punti di forza e di debolezza dei quartieri che definiscono la città e riempierli di senso, dare loro un’identità. Fino ad ora questo compito è stato assolto unicamente dalle parrocchie cittadine, non è un caso se con queste si identifica quasi sempre l’intero quartiere, d’altra parte quale altro elemento potrebbe tornare utile per descriverli?

L’azione intrapresa dal Comune però non si esaurisce semplicemente con l’acquisizione delle aree destinate a standard perché, in cambio della cessione gratuita di questi suoli, il Programma di Rigenerazione intende dare ristoro ai proprietari concedendo loro diritti volumetrici, nello spirito dell’urbanistica contrattata e della perequazione. Il problema di fondo allora nasce nella decisione di realizzare nuovi alloggi, sebbene a prezzi contenuti, perché ci si chiede se sia preso in considerazione a sufficienza il patrimonio edilizio esistente. Il cosiddetto patrimonio frizionale, costituito dagli appartamenti in vendita o in attesa di essere locati, dovrebbe fornire alcuni spunti di riflessione sulla domanda abitativa.

È stato quantificato il numero di questi alloggi?

Se risultasse considerevole, sarebbe interessante chiedersi la ragione, se legata, ad esempio, alle richieste economiche eccessive dei proprietari. In tal caso si potrebbe cercare di calmierarle in cambio di detrazioni fiscali e in generale si potrebbero favorire interventi di rifunzionalizzazione, di adeguamento degli appartamenti alle richieste attuali del mercato e della composizione familiare, nella migliore delle ipotesi costituita da 4 componenti, e in questa ottica avviare contestualmente azioni di riqualificazione energetica.

Solo dopo aver valutato attentamente quanto già è disponibile, risulterebbe ragionevole soddisfare l’eventuale fabbisogno abitativo rimanente con nuove abitazioni, prestando particolare attenzione alla permeabilità dei suoli.
D’altra parte la storia dell’architettura ci insegna che si è sempre riutilizzato l’esistente, le fondazioni di una chiesa barocca molto spesso sono romane e quello che in partenza era un castello, si è trasformato nel tempo in prigione, in museo.
Non dimentichiamo questa lezione.

Marco Marangi