Torre civica. Parla Bellucci “Ecco come funziona l’orologio” – Lo Stradone

Torre civica. Parla Bellucci “Ecco come funziona l’orologio”

MARTINA FRANCA – Completati i lavori di restauro della torre civica di Piazza Plebiscito e dell’orologio adiacente Palazzo dell’Università. In quell’orologio qualcosa è cambiato.

A confermarlo è Giuseppe Bellucci, titolare della “Bellucci echi e luci”, ditta martinese di fama mondiale, specializzata nel settore. Per citare solo un caso, si tratta della ditta che qualche anno fa si occupò di realizzare la nuova illuminazione del Calvario a Gerusalemme nella Basilica costantiniana del Santo Sepolcro.
“Abbiamo adeguato l’impianto rispetto a quello che già avviene in altre città”, dice Bellucci.
Prima dei lavori di restauro il conteggio delle ore avveniva con un numero di tocchi di prima campana pari al numero delle ore e un numero di tocchi di seconda campana pari ad ogni quarto d’ora successivo (esempio 10.45: dieci tocchi di prima campana e tre tocchi di seconda campana).
“In questo modo – sostiene Bellucci – in sostanza, le campane erano continuamente in azione, cosa che se da un lato rende l’orologio estremamente affascinante, dall’altro ha portato numerosi residenti della zona a evidenziare numerose criticità all’amministrazione comunale (sin dalla sindacatura Palazzo e forse prima, ndr). Abbiamo suggerito un giusto compromesso – dice Bellucci – ed è stato sufficiente adeguare l’orologio martinese a quello di altri comuni”.
Dopo i lavori di restauro il conteggio del tempo che trascorre avviene nella seguente maniera. Lo spieghiamo con un esempio: se alle 10.00 l’orologio batte dieci tocchi di prima campana, alle 10.30 batte soltanto due colpi (2 quarti d’ora) di seconda campana. Con il vecchio sistema avrebbe dovuto suonare dieci colpi di prima campana + altri due colpi ad indicare la mezz’ora successiva.
“Se poi – dice Bellucci – esiste una soluzione diversa, oppure l’amministrazione comunale vorrà darmi indicazioni diverse, non ci metto nulla a ripristinare il vecchio sistema”.
C’è da aggiungere anche l’impostazione della sospensione notturna: l’ultimo tocco della campana avviene alle ore 10.00 di sera, mentre il primo tocco della giornata alle ore 8.00.

Qualcuno ha parlato anche di altro, si è detto infatti di alcune modifiche al quadrante dell’orologio: “Non è vero – dice Bellucci – il mio è stato un semplice lavoro di restauro dell’esistente, non mi era consentito fare diversamente. Ringrazio coloro i quali sostengono che sia stato sostituito il vecchio quadrante con uno nuovo, perché vuol dire che abbiamo fatto un lavoro di restauro eccellente”.
La questione ruota attorno alla numerazione romana (di cui forse nessuno aveva prestato attenzione sino ad ora). Negli orologi monumentali ed in quelli dei campanili, spesso il numero – IV – romano è sostituito dal simbolo – IIII -, tranne in qualche rara eccezione come nel Big Ben della capitale inglese. Molte sono le ipotesi che vorrebbero giustificare tale scelta, ma nessuna certezza accreditata (*). La più plausibile, tuttavia, è che ci sia ispirati alla numerazione classica romana, la più remota: per simboleggiare la quarta ora si usava, appunto, il simbolo – IIII -. Questo è ben visibile in tutte le antiche iscrizioni, mentre il simbolo – IV – (cinque meno uno) fu introdotto in epoca più recente. Ma c’è chi sostiene anche altre motivazioni.
“Anche l’orologio dell’Ateneo Bruni – dice Bellucci – riporta questo tipo di numerazione”.

o.cri.

(*) Secondo un’altra ipotesi si tratterebbe di una questione logico-matematica nello stampo delle lettere bronzee.
Le lettere occorrenti per un singolo quadrante sono: 20 I, 4 V e 4 X quindi se divido per quattro posso fare un unico stampo con 5 I, una V ed una X che posso usare serialmente. Se ci si limitasse alla forma “normale” avremmo 17 I, 5 V e 4 X, e cinque fusioni su uno stampo di forma XVIIII porterebbe ad uno spreco di una V e ben tre I, insomma un disastro. Invece,con l’accortezza di usare IIII al posto di V, a dorso di mulo si può portare sulla montagna del paesino solo lo stampo a forma di XVIIIII e fare quattro fusioni esatte, senza sprechi. Se vi immaginate cosa doveva essere, nei tempi passati, il costo e la fatica di questi lavori, vedete che avere un 4 a forma di IIII è ben poca cosa.