Abolire i cortei funebri. È l’idea venuta fuori da un incontro tra le confraternite della città e l’amministrazione comunale.
Si tratterebbe di una rivoluzione culturale epocale per una tradizione che da sempre ha caratterizzato la cultura della sepoltura e con essa il culto dei morti.
Per molti il grado di civiltà di un popolo si misura anche dal culto dei morti e l’ipotesi di abolizione dei cortei funebri andrebbe nella direzione del progresso, dell’evoluzione, segno dei tempi che cambiano.
La nascita delle confraternite di matrice cattolica e più tardi le società di mutuo soccorso fondano le loro radici in tempi lontani. Nascevano per soddisfare sopperire alle mancanze di stato sociale, una sorta di primordiale sindacato, di associazione di categoria paragonabile oggi a Confindustria, Confcomercio e così via.
Con il tempo il loro ruolo è stato fortemente ridimensionato, relegando alle confraternite e alle società di mutuo soccorso la gestione della vita dopo la morte, e con esse una serie di processioni e riti cattolici, spesso troppo vicini alla tradizione più che alla fede spirituale in senso stretto.
È scontato che l’abolizione dei cortei funebri non metterebbe assolutamente in discussione le tradizionali processioni, la più importante del Corpus Domini e i riti della Settimana Santa, senza trascurare la processione dei santi patroni Martino e Comasia, quelle dei compatroni della madonne della Sanità e del Carmine, ma anche tutte le altre che riempiono l’intera estate martinese e che rappresentano un tratto distintivo culturale, che caratterizza questo nostro territorio e di cui nessuno se ne vuole privare.
Abolire i cortei funebri non è una mancanza di rispetto nei confronti dei morti o dei loro parenti, non una scelta legata a ragioni di viabilità urbana o di ordine pubblico, ma un segno dei tempi che cambiano di spetto nei confronti della privacy di ognuno, di rispetto del dolore.
Il clero martinese pare sia concorde con questa ipotesi, ad eccezione di qualcuno che sull’idea conserva qualche dubbio, ma nel frattempo il dibattito è aperto.
Pudore non è vergogna, ma senso di ritegno e discrezione e questo potrebbe essere il giusto compromesso.
o.cri.