Riportiamo di seguito una sintesi del discorso del Prof. Francesco Lenoci che il 13 febbraio scorso ha partecipato al convegno dal titolo “Innovazione, Ricercatori e Sviluppo del Mezzogiorno”. Lenoci è Patriae Decus della Città di Martina Franca, Docente Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano e Vicepresidente Associazione Regionale Pugliesi di Milano.
Un punto fermo. La crisi finanziaria ed economica, attualmente in atto a livello mondiale, non fa che amplificare i punti di debolezza del nostro Paese: un certo provincialismo, unito al campanilismo e alla frammentazione, una proverbiale disorganizzazione, i difetti connaturati ai settori protetti dall’economia, le carenze del settore pubblico, la difficoltà del settore privato a coniugare la fantasia con la concretezza e con la competenza, una mancanza di chiarezza che a volte sfuma nell’ambiguità.
Un secondo punto fermo. In Italia c’è ancora poca osmosi tra ricerca applicata, innovazione tecnologica e rapporti università-imprese. Eppure la ricerca produce conoscenza e l’innovazione la sfrutta per generare vantaggi competitivi.
L’ultima edizione dell’European Innovation Scoreboard (Eis 2008) divide i 27 paesi dell’Unione Europea, più la Croazia, la Turchia, l’Islanda, la Norvegia e la Svizzera in quattro gironi.
L’Italia figura al diciannovesimo posto e si colloca nel terzo girone (serie C tanto per capirci) insieme a Spagna, Portogallo, Grecia (che ci precedono), Cipro, Estonia, Slovenia, Repubblica Ceca. . ..lontanissima dalla prima classificata Svezia.
I progressi registrati nello sviluppo degli accessi delle aziende alla banda larga e nei marchi di fabbrica registrati non bastano a collocarci al di sopra della media della capacità innovativa dei Paesi di Eurolandia.
Per l’Italia l’innovazione rimane, quindi, un cammino in salita, ma anche una scommessa ineludibile se vogliamo davvero restare nel gruppo delle economie più avanzate.
Un terzo punto fermo. Il Mezzogiorno, se da un lato presenta sicure potenzialità umane ed oggettive possibilità di crescita, dall’altro, è altrettanto indiscutibilmente attardato da pesanti handicap che, inter alia, costituiscono un serio ostacolo allo sviluppo dell’attività imprenditoriale e dell’attività bancaria e finanziaria.
La crescita di tante imprese del Mezzogiorno si scontra con gravi ostacoli ambientali: i tempi più lunghi della giustizia civile, i ritardi nell’istruzione e nelle infrastrutture, il carico fiscale.
Con riguardo al Mezzogiorno d’Italia c’è bisogno di ragionare con pacatezza e serietà su ciò che è stato fatto e se è stato fatto bene o male, come su ciò che non è stato fatto.
È vera, è pienamente vera e condivisibile l’affermazione che il Mezzogiorno ha ormai bisogno di fatti concreti, non di belle parole.
È vero anche, tuttavia, che i fatti debbono essere fondati su adeguate conoscenze ed occasioni come questa che ci vede oggi qui riuniti sono preziosi momenti di confronto e di riflessione.
E poniamoci la domanda delle domande: ce la può fare l’Italia a tornare a crescere stabilmente senza il Mezzogiorno, vale a dire “senza una ruota”, come titolano tanti giornali e riviste?
Riformuliamo la domanda delle domande: si può pensare di affrontare efficacemente le sfide della globalizzazione (ora protezionismo) con metà del territorio nazionale e un terzo della popolazione che non tiene il passo?
E con il riproporsi di una “questione settentrionale”?
Se le misure tentate in passato non hanno funzionato, ci si deve silenziosamente rassegnare e attendere o bisogna, invece, ragionare su nuove strade e provare a sperimentarle con determinazione?
Paesi con squilibri territoriali forti, come la Germania o la Spagna, hanno fatto progressi significativi negli ultimi anni, combinando risorse locali e nazionali e, soprattutto, coordinando efficacemente governo centrale e governi locali.
Possiamo credere che un grande Paese come l’Italia riesca veramente a consolidare il suo sviluppo economico e sociale senza venire a capo, dopo decenni, del problema del Sud?
Un quarto punto fermo. Servono scelte nette, che sintetizziamo qui di seguito.
1) Impegnarsi, ovunque, per l’affermazione di una logica meritocratica, non rallentando quelli (studenti, professori, imprenditori, manager, dipendenti…) troppo bravi, per evitare che gli altri possano soffrirne.
2) Premiare chi avvia attività imprenditoriali nel Sud con un drastica e pluriennale riduzione dell’Ires. Premiare chi esporta dal Sud, riducendo l’aliquota Ires. In contropartita, occorre rinunciare ai contributi a fondo perduto dallo Stato e dalla UE.
3) Mettere in atto un grande rilancio delle infrastrutture nel Mezzogiorno d’Italia, coinvolgendo in massima parte i privati.
4) Coinvolgere i ricercatori, adesso sparsi per il mondo, per cogliere le opportunità, come ad esempio EXPO 2015, che si svolgerà a Milano.
I temi dell’EXPO 2015 saranno: l’agroalimentare, la riscoperta della terra e dell’ambiente. Sono temi che le province pugliesi possono affrontare con successo: ce li abbiamo nel dna. Ma ancora una volta occorrerà adoperarsi intelligentemente, chiamando, ad esempio, a raccolta tutti i talenti pugliesi che, sappiamo bene, per la massima parte non risiedono più e non lavorano più in Puglia.
Un dato per tutti: il turismo religioso porta a Lourdes ogni anno 6,5 milioni di persone. La Puglia, lo sappiamo tutti, ha avuto dal Padreterno due grandi Doni: Padre Pio e don Tonino Bello.
A Milano in sei mesi verranno 29 milioni di persone: capite che se vogliamo far proseguire, ipotizziamo a 6 milioni di turisti, il viaggio fino a San Giovanni Rotondo e Alessano occorrerà adoperarsi seriamente: non c’è un solo attimo da perdere e a tale iniziativa debbono dedicarsi persone istruite, preparate e determinate.
5) Superare le diatribe locali per cogliere le opportunità. Ad esempio, sabato 21 febbraio 2009, in occasione della BIT di Milano, la Sede dell’Associazione Regionale Pugliesi di Milano ospiterà una conferenza stampa, cui interverranno il Presidente e il direttore del GAL Altosalento di Ostuni, nonché gli amministratori comunali di Ostuni, Carovigno, Ceglie Messapica, Villanova e San Michele Salentino. Tra l’altro, sarà presentato un educational nel Salento sui temi del turismo enogastronomico e delle città d’arte.
È mai possibile che il GAL della Valle d’Itria (Martina Franca, Locorotondo e Costernino) non capisca che occorre superare le sterili e decennali diatribe per cogliere simili opportunità?
5) Coinvolgere i giovani. Nelle Considerazioni Finali del 31 maggio 2008 del Governatore Mario Draghi c’è un passaggio che mi ha particolarmente colpito: “Il Paese ha desiderio, ambizione, risorse per tornare a crescere; sa che lo sviluppo è, nel tempo, condizione essenziale della stabilità finanziaria. Ha una storia a testimoniare che non c’è niente di ineluttabile nella crisi di crescita che da anni lo paralizza”.
Mi permetto di aggiungere che la ripresa duratura della crescita non è una missione impossibile. Il nostro Paese c’è già riuscito una volta, negli anni cinquanta, sotto la guida di un grande Pugliese, un grande Economista, un grande Governatore della Banca d’Italia: Donato Menichella.
Vi regalo una frase tanto cara a Donato Menichella: “Il futuro nostro, dei nostri figli . . . . sta in noi, in tutti noi”.
La sera del 15 novembre 2008, a Martina Franca, nella Basilica di San Martino, monumento Unesco messaggero di una cultura di pace, ho letto una meravigliosa preghiera di un altro grande Pugliese, un grande Profeta, don Tonino Bello. La preghiera si intitola “Preghiera sul molo”, ma da tutti è conosciuta come “La lampara”. Ne leggo adesso un frammento:
“Concedi, o Signore, a questo popolo che cammina
l’onore di scorgere chi si è fermato lungo la strada
e di essere pronto a dargli una mano
per rimetterlo in viaggio”.
È stupefacente la richiesta di don Tonino (concedi l’onore di scorgere chi si è fermato lungo la strada . . . .), ma a me convince, eccome se convince. Riflettiamoci insieme . . . . Chi, secondo voi, adesso, è fermo lungo la strada, incapace di proseguire il cammino da solo? . . . .
Quando penso a qualcuno fermo lungo la strada. . . .io penso ai giovani, oggi mortificati da un’istruzione in certi casi inadeguata, da un mercato del lavoro che sovente li discrimina a favore dei più anziani, da un’organizzazione produttiva che troppo spesso non premia il merito, non valorizza le capacità.
E chi sono i giovani? . . .Sono il futuro dell’umanità!
Ebbene, è mio profondo convincimento che dobbiamo fare di tutto, dobbiamo fare di più . . . . per stimolare in tutti, nei giovani in particolare, una creatività più fresca, una fantasia più liberante e la gioia turbinosa dell’iniziativa.
Dobbiamo convincerci e convincerli che per crescere occorre spalancare la finestra del futuro, progettando insieme, osando insieme, sacrificandosi insieme.
È ciò che mi piace definire “la logica della staffetta”, che deve avvenire tra anziani e giovani, tra residenti nel Mezzogiorno e “emigrati” in altre parti del mondo …. tra gli uomini e le donne di buona volontà, ovunque siano nati.
La staffetta è quella gara meravigliosa (sto pensando alla quattro per cento in atletica leggera) che consente a quattro atleti normali di battere quattro campioni.
Ci possono riuscire perché ciò che conta è far viaggiare veloce il testimone e per farlo occorre, soprattutto, essere affiatati nei cambi: un frazionista deve cominciare a correre prima che arrivi l’altro.
Se è, però, vero che quattro frazionisti affiatati possono battere quattro campioni, è anche vero che se cade per terra il testimone… non perde il frazionista che ha commesso l’errore…ma perde l’intera squadra.
La conclusione è una e una sola. Il Mezzogiorno ha bisogno del resto d’Italia, così come il resto d’Italia ha bisogno del Mezzogiorno. Solo facendo strada insieme, si potrà progredire ed assicurare un futuro ai nostri figli.