L’atmosfera è calda. Le presenze semplici, discrete. È la sottile nostalgia o il vivo ricordo di ciò che è stato e non tramonta negli animi ad aver riunito una fetta della martinesità, una fredda domenica sera, nel palazzo dell’Università sorvegliato dalla meridiana che, puntuale, annuncia il tempo nuovo con una presenza antica.
È la poesia il filo rosso dell’incontro. Un tessuto linguistico in cui si intrecciano e incastonano reminescenze antiche evocate dal vernacolo martinese. Perché, come la giurata Teresa Gentile ha voluto ricordarci, la poesia scritta nel vernacolo/ è purissima sostanza di pensiero/ è cocente nostalgia che prende il cuore/ e l’empie di malinconia./ E’ sentimento forte d’amore/ per la tua arida terra/ resa feconda/ dal duro lavoro/ e dal sudore dei contadini. Le letture scorrono tra versi nostalgici, satirici, drammatici. Le poesie sono interpretate con maestria da autori recitanti che nella teatralità spontanea fanno vivere momenti di allegria, umorismo: la festività sana di un paese che vuole riconoscersi ancora come tale, vivo nelle sue tradizioni, nel suo bisogno di solidarietà. Una solidarietà di cui oggi si avvertono solo deboli sprazzi che non riscaldano più come un tempo. È questo il senso dei versi pungenti e sarcastici del vincitore Benvenuto Messia che, con la poesia “N’èma rassegnà”, evoca con bruciante nostalgia momenti andati in cui lo stare insieme era legge della coscienza, del cuore e della mente. E in cui il prendersi cura spontaneo e immediato dell’anziano consolava delle tristezze e degli affanni di una vecchiaia vissuta negli affetti e circondata dall’aura del rispetto. È una poesia forte quella di Messia, in cui l’ironia pungente non spegne però la nostalgia che vive, repressa, in tanti nostri anziani messi, come Mariella Nava ci ricorda nello struggente brano interpretato da Renato Zero, con le “spalle al muro” da una cultura dell’efficienza, della produttività, del giovanilismo e che considera prodotto di scarto, anche umano, tutto ciò che non è a diretto servizio del dio dell’utile. Ma la poesia del nostro autore non recrimina: la fiamma della lucidità di una stessa sorte per anziani e giovani adulti che “fàsciene ‘na vìta scungegnète”, lo porta a cogliere, con brillante arguzia, una sorte comune che ci rende uniti e di fronte alla quale non resta altro, per l’autore, che la consapevolezza che arrevète a na certe età/ jòun de nòuggue s’à rssegnà/ pcciè pi fìle o senza file/ ste u perìcule ca reste sòule/ nusciòne te vồle jòscia regghje/ né ‘na nồre né na fegghje/ frète bbun s sồra maje/ addò èma scié spccià a vecchiaje?. È così che l’entusiastica iniziativa di Tonino Fumarola “innamorato” della sua terra, è divenuta un’occasione, per noi tutti, per ripensarci e ripensare il nostro tempo. Per accendere una nuova fiamma nei nostri appartamenti grandi rispetti a un tempo e, proprio per questo, freddi, perché manca l’amore per chi tutto ha dato e solo un sorriso e uno sguardo, con umiltà, chiede: i nostri anziani. Per scrivere tutti quanti, a più mani, una nuova poesia così che rileggendola, lontano nel tempo, in te rivivranno sempre/ i più cari ricordi/del passato./(…) /E traboccherà di luce nuova il tuo cuore/ e sarai invaso dalla felicità/ che solo le piccole cose/ e i grandi affetti / ci possono comunicare/ (…) e comprenderai che questa poesia/ (…)/ non potrà morire MAI. (I versi sono di Teresa Gentile).
Annalisa Scialpi