Negli ultimi anni abbiamo subito un ‘attacco’ tecnologico di strumenti di informazione. In questa logica la domanda di fondo da porsi è: ‘tutta questa comunicazione a che serve? Dove porta?’ Forse, la crisi che stiamo vivendo può essere un’occasione per ritrovare le questioni di fondo, sia nella società che nella comunicazione. Occorre, quindi, ritornare alla narrazione della realtà”. Lo ha detto al SIR don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco e dell’agenzia Redattore sociale, a conclusione del XVIII seminario di formazione “Bulimie. Dalle abbuffate virtuali alla sobrietà dell’informazione”, promosso dal 25 novembre a Capodarco di Fermo dal Redattore sociale. Il seminario, a cui hanno partecipato oltre cento giornalisti impegnati a vario titolo nel mondo della comunicazione, è stato un’occasione per “riflettere sulla situazione odierna del giornalismo”, con “particolare riferimento alle nuove tecnologie”, intese come uno strumento “con cui è possibile fare buona informazione”. L’evento è stato anche l’occasione per festeggiare i dieci anni dalla fondazione del Redattore sociale. Il presidente dell’agenzia ha messo in evidenza che in questo periodo di tempo l’impegno dei giornalisti del Redattore è “stato e sarà sempre quello di far conoscere la realtà e soprattutto di abbattere i pregiudizi lottando per la dignità e il rispetto di tutti”.
L’introduzione di un criterio pedagogico. Per don Albanesi “la ‘bulimia’ richiamata nel titolo del convegno è una specie di malattia ‘ossessiva’ che, però, deve spingere i giornalisti a interrogarsi sulle notizie diffuse e ricevute. Interrogarsi vuol dire capire da chi sono gestite e con quale autorità e, ancora più importante, a quale realtà sono dirette”. Secondo il presidente della Comunità di Capodarco c’è una “vera e propria dipendenza dal flusso informativo. Una dipendenza che non può essere gestita, se non attraverso l’introduzione di un criterio pedagogico, o quanto meno con l’impegno, da parte di chi fa informazione, di presentare la realtà, sia quando è positiva e propositiva che quando è negativa e difficile da trattare”. In questo senso, “oggi i giornalisti sono aiutati da circostanze esterne, che ti costringono a pensare e riflettere, imponendo a volte un ‘riequilibrio forzato’ di alcuni valori. Le culture e le civiltà moderne, infatti, tendono a esaurirsi, soprattutto quando ‘mangiano se stesse’. La cultura occidentale, ad esempio, sta uccidendo la ricchezza, sta distruggendo l’ambiente e le relazioni e questi sono valori che è necessario riscoprire”.
Affrontare i grandi problemi declinandoli sul territorio. Marco Tarquinio, direttore del quotidiano Avvenire, ha richiamato la necessità di un’informazione che “affronti i grandi problemi” declinandoli sul territorio e che non prescinda da quei valori che non sono e non potranno “mai essere negoziabili”. Perché se il “dovere della professione di giornalista è raccontare le cose come stanno” quello di un cattolico è “mettere l’accento su questioni sociali e dar voce alle realtà più deboli che non hanno la forza di farsi sentire da sole”. I media cattolici, ha concluso, possono offrire un “importante contributo” perché tutto ciò avvenga. In questo contesto non è possibile dimenticare l’esperienza delle 189 testate della Federazione italiana settimanali cattolici e della loro agenzia Sir/SirEuropa.
Avere un rispetto vero per gli altri e per le loro idee. “Abbiamo il dovere di fare un’informazione corretta, obiettiva e veritiera e questo non può succedere se non si ha un rispetto vero per gli altri e per le loro idee, anche se non corrispondono alle nostre”. Ad affermarlo è Enzo Iacopino, presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti che rivolgendosi ai giornalisti ha sottolineato la differenza tra comunicazione e informazione. “Non sono la stessa cosa – ha detto – e non si deve cadere nell’errore di confonderle. Ciò che a volte è altamente comunicativo e di grande impatto, infatti, il più delle volte non è utile ai fini dell’informazione e serve solo a rendere accattivate e interessante una notizia che diversamente non sarebbe tale. Se non teniamo ben presente questo aspetto possiamo pregiudicare la qualità delle notizie trasmesse”.
A cura di Andrea Regimenti e Simona Mengascini, inviati SIR a Capodarco
Fonte: Agensir