Dal 10 agosto al 26 agosto il Gruppo Speleologico Martinese è tornato sulle Alpi Albanesi per proseguire l’esplorazione della Shpella Shtares, individuata nel 2016 nella vallata di Vrane e Madhe nel Parco Naturale Regionale Nikaj-Mertur. Negli anni successivi, con costanza, sono stati illuminati nuovi spazi bui fino ad arrivare all’ultima spedizione “Shtares 2024”, che ha permesso di raggiungere la soglia dei 10 km.
“La Shpella Shtares – ha commentato il responsabile scientifico della spedizione Alessandro Marraffa – è una grotta molto complessa che si apre a circa 1450 metri s.l.m., alla base della lunga e aguzza cresta calcarea del Mali e Shtrezes che sovrasta la valle glaciale per circa 700/800 metri. Il suo largo imbocco in estate lascia fuoriuscire una corrente d’aria molto intensa (tra i 30 e i 40 m3/s) e gelida (circa 3°C), indicando che l’ingresso conosciuto è l’ingresso basso di un ampio sistema. Come conseguenza, le esplorazioni effettuate sono avvenute principalmente in risalita, verso gli ingressi più alti”.
La cavità si sviluppa su diversi livelli ed è caratterizzata da morfologie a tratti freatiche (gallerie piuttosto arrotondate) e a tratti vadose (pozzi e meandri). Il primo livello (o basale) è quasi completamente sub-orizzontale e si sviluppa lungo dei piani di faglia che si intersecano. Questo livello presenta alcune morfologie legate al gelo/disgelo che avviene con l’alternarsi delle stagioni. Anche i livelli superiori sono caratterizzati dall’alternarsi di morfologie freatiche e vadose, impostate su piani di faglia e fratture. Inoltre, sono presenti numerose frane, che spesso ostruiscono il passaggio o obbligano a continui sali scendi. Nonostante le morfologie freatiche e vadose derivino dall’azione dell’acqua, ad oggi la grotta non presenta importanti scorrimenti. Il tempo necessario per raggiungere le zone più remote della grotta a partire dall’ingresso, è di circa 2,5/3 ore, a cui bisogna aggiungere l’avvicinamento (3 km con un dislivello di 400 m) di un’ora e mezza.
“Al fine di ridurre i tempi di percorrenza, – ha commentato il capo spedizione Donatella Leserri – quest’anno si è potenziato l’uso del campo interno, posizionato a circa 1h dall’ingresso e organizzato in modo da poter ospitare sei speleologi alla volta. La rotazione dei partecipanti ha permesso di rendere più efficienti le attività e le punte esplorative. Inoltre, per il primo anno, attraverso un apparato radio è stato possibile mettere in comunicazione il campo base esterno, situato a Vrane, con il campo base interno. Ciò ha permesso un contatto quotidiano con chi era dentro e reso più efficiente l’organizzazione quotidiana delle squadre. La spedizione del 2023 aveva lasciato molti fronti esplorativi aperti, che quest’anno ci hanno condotto a scoprire un totale di 1,8 km tra nuovi rami e ambienti che rendono ancora più complesso e intrecciato lo sviluppo della Shpella Shtares”.
Da ormai tre anni e con l’apporto di nuove strumentazioni, il GSM studia la meteorologia all’interno del complesso carsico.
“La Shpella Shtares è una grotta soggetta al cosiddetto “effetto camino”, – ha commentato il geologo Claudio Pastore – la manifestazione di questo fenomeno sono le forti correnti d’aria presenti. Nel periodo estivo il flusso di aria viene aspirato dai tanto agognati ingressi alti (per ora sconosciuti e posti a circa 2100 – 2200 metri di quota) e fuoriesce dall’unico ingresso noto. In inverno, invece, la direzione del flusso d’aria si inverte, e l’aria fredda esterna viene aspirata dal basso. Grazie al posizionamento di 10 termometri, abbiamo potuto constatare che nella grotta in estate le temperature sono stabili, tra i 3 e i 4°C. Contestualmente si è osservato che molte cavità poste in quota sul massiccio sono occluse da ghiaccio e neve, anche solo parzialmente. L’aria esterna che viene aspirata nel sistema attraverso questi passaggi ha una temperatura di circa 0°C (dato rilevato nel 2023) ma discendendo verso l’ingresso si scalda nuovamente, per via dell’abbassamento di quota. Nel mese invernale, invece, nei primi 500-600 m della grotta si registrano temperature anche diversi gradi sotto lo zero, con marcate fluttuazioni termiche giornaliere connesse alla variazione della temperatura esterna. Tali fluttuazioni sono notevoli per la distanza dall’ingresso alla quale sono state registrate e scaturiscono indubbiamente dal flusso d’aria della Shpella Shtares, tra i più intensi documentati per una grotta”.
Tale profilo climatico ha importanti conseguenze sia da un punto di vista morfologico, l’abbassamento delle temperature porta a cicli di gelo/disgelo che erodono e modellano le morfologie delle gallerie interessate, sia nell’evoluzione della fauna troglobia e nei processi di adattamento.
“Grazie anche alle competenze portate in questa campagna dai biospeleologi sloveni Teo Delić (Uni Ljubljana) e Aja Zamolo (Center za Kartografijo favne in flore) abbiamo continuato gli studi sulla biodiversità della grotta. Oltre alle forti correnti d’aria, anche gli animali hanno contribuito a “indirizzare” le ultime esplorazioni – ha commentato il biospeleologo Andrea Seviroli – come quando il volo di un pipistrello e la presenza di altri animali di superficie (falene, opilioni e coleotteri stafilinidi) hanno suggerito la vicinanza di un lontano fronte esplorativo con le sale prossime all’ingresso. Un’importante novità è la conferma della presenza dei pipistrelli, di cui nella Shpella Shtares era stato individuato solo il guano. Dall’analisi delle carcasse rinvenute sono stati identificati il vespertilio di Blyth (Myotis blythii) e il serotino comune (Eptesicus serotinus). Tra i coleotteri si segnala la presenza delle tre specie endemiche della grotta Kircheria dritae (Leiodidae), Anthroherpon shtarensis (Leiodidae) e Riberius stillicidii (Leiodidae), ma non solo. Lo sperato ritrovamento di un maschio di Orcusiella sp. sarà utile per il riconoscimento specifico di questo abitante della Shtares (segnalato la prima volta nel 2023) e per approfondire le conoscenze sul genere, descritto appena nel 2020 e conosciuto solamente per due grotte del Montenegro. In aggiunta, la spedizione di quest’anno ha regalato alcuni incontri inediti, come un esemplare di Neotrechus sp. (probabilmente N. malissorum, endemico albanese), carabide con mandibole pronunciate, e due millepiedi (famiglia Julidae), con la particolarità che uno solo di essi era depigmentato. Sono stati individuati altri animali con questa caratteristica cromatica, come ragni (Linyphiidae), acari (Rhagididae), collemboli e oligocheti (classe Clitellata), questi ultimi con sfumature opalescenti. Un altro interessante ritrovamento è rappresentato da uno pseudoscorpione del genere Neobisium (Neobisiidae) che mancava all’appello dal 2019”.
Anche “Sthares 2024” ha lasciato diversi fronti esplorativi in sospeso sui quali bisognerà necessariamente tornare.
“La parola “fine” non è adatta per descrivere i risultati di una spedizione – ha concluso il presidente del GSM Michele Marraffa – tante sono le idee per l’anno prossimo. In primis, bisognerà concludere tutte le risalite non portate a termine e riattrezzare alcune zone della grotta messe in stand-by negli anni precedenti. L’auspicio è quello di individuare il giusto passaggio per accedere a un nuovo livello orizzontale e raggiungere finalmente un ingresso alto. Contestualmente, continueremo la ricerca scientifica attraverso analisi mirate a comprendere la mineralogia e la petrografia delle diverse rocce e dando seguito alle indagini metereologiche e biospelologiche. Siamo convinti che i successi di una spedizione siano da ricercare sia nei risultati di quello facciamo, ma anche e soprattutto nelle persone che incontriamo, pertanto, è doveroso ringraziare la Società Speleologica Italiana, la Federazione Speleologica Pugliese e il Servizio Regionale Puglia del Soccorso Alpino e Speleologico, per il sostegno da sempre accordato, nonché la Banca di Credito Cooperativo di Locorotondo e Martina per il supporto economico e per aver creduto in questo meraviglioso progetto al di là dell’Adriatico”.