Parente delle chitarre, l’ukulele condivide con loro la forma e le corde, ma a differenza di queste ultime emette un suono più dolce. Inventato a fine ottocento da immigrati portoghesi trasferiti nelle Hawaii come adattamento hawaiano dello strumento cavaquinho, l’uku – questo il suo soprannome – è sopravvissuto con alterne fortune fino ai nostri giorni. Amatissimo da tante star della musica, oggi viene celebrato in festival nazionali e internazionali, spopola nelle scuole elementari e medie tanto che in molte di queste in Italia sta sostituendo il tradizionale flauto dolce ed è protagonista persino di un corso di studi di livello universitario nel conservatorio di musica di Alessandria. Una popolarità trasversale che rispecchia in pieno lo strumento che nasce proprio con uno spirito di accessibilità alla musica, intesa come mezzo di gioia e condivisione, capace di colmare le distanze e creare comunità. Nella giornata mondiale dell’ukulele, il team di Monopolele, il più importante festival italiano dedicato all’ukulele, celebra la ricorrenza regalandoci una lista di aneddoti e curiosità sullo strumento più versatile della musica.
Il festival. Arrivato alla sua terza edizione, Monopolele – Ukulele Mediterranean Fest, è il festival di ukulele che si tiene ogni anno a Monopoli. Qui, tra maggio e giugno, artisti internazionali e virtuosi dell’ukulele, il cui talento è ampiamente riconosciuto dalla scena musicale nazionale e internazionale e provenienti da ogni parte del mondo, si esibiscono in coinvolgenti performance dal vivo. Una tre giorni di concerti gratuiti, jam session e workshop ma anche di street parade che coinvolge tutti, dai musicisti, ai residenti e fino ai turisti. Provare per credere: appuntamento a Monopoli dal 30 maggio al 2 giugno. Il festival è organizzato dall’associazione Voltare Pagina. La direzione artistica è affidata a McGraffio, l’organizzazione del festival è curata da Mauro Minenna.
Ukulele, cioè “pulce che saltella”. Nonostante l’ukulele sia uno strumento inventato dai portoghesi, il nome sembra essere merito degli hawaiani. Gli abitanti di Honolulu, infatti, chiamarono “pulce che saltella” (in hawaiano, ukulele) lo strumento a quattro corde che gli immigrati portoghesi suonavano, muovendo tanto rapidamente le dita da ricordare, appunto, pulci saltellanti. C’è però anche un’altra interpretazione sull’origine del nome: secondo la regina delle Hawaii, Lili’uokalani, la parola ukulele è composta da uku (regalo) e lele (arrivare) e significa “regalo che arriva da lontano”.