Consigliato certamente a un pubblico ampio di donne e uomini, “40 e sto”, lo spettacolo di Andrea Delogu che ha fatto tappa al Teatro Verdi di Martina Franca sabato 16 dicembre, parla in modo chiaro, schietto e a volte decisamente diretto a un target specifico. Noi donne. Età circa 40, o poco più. E parla anche a chi li ha abbondantemente superati quei 40 ma ne serba ancora decisa memoria. Perché sì, i 40 anni, volente o nolente, lasciano un segno, e per alcune è proprio una cicatrice, ammettiamolo.
E allora, quelli che per i più sono solo stereotipi o comuni “sentito dire”, diventano vissuti reali che la protagonista indossa e sveste sul palco svelandone, uno a uno, dettagli e retroscena, nel modo personale in cui li ha vissuti. A 40 anni nella vita di una donna si fa il punto della strada, viene spontaneo e, se non lo si vuole fare, la vita in qualche modo te lo ripropone, ci devi fare i conti per forza, prima o poi.
Per chi come noi che nel 2000 avevamo 18 anni, gli anni dell’adolescenza sono trascorsi a suon di “come mai, ma chi sarai” di Max, in combo con promesse d’amore in cui il per-sempre sembrava l’unica cosa possibile da dirsi tra innamorati e il “t’appartengo e se prometto poi mantengo” di Ambra l’inno dell’amore perfetto. Perché? Sarebbe stato concepibile a quei tempi un amore imperfetto?
Siamo cresciute con la convinzione che “Babe non può essere messa in un angolo” e che anche la più timida e impacciata fra noi avrebbe potuto far capitolare il belloccio di turno in una sola settimana. Alla famiglia e al villaggio vacanze intero anche, ma a noi interessava solo il belloccio. E, a proposito, le vacanze con i genitori restavano comunque ben lontane dalle emozioni dei balli proibiti alla dirty dancing. Andrea ha ragione pure su questo!
La Delogu parla col pubblico, lo spettacolo è interattivo. E arrivano così conferme dal buio della sala, parole sussurrate di consenso e urla da stadio nel momento in cui i fatti raccontati accomunano tanto e tutte. Perché quando a 40 anni il corpo comincia a cambiare (di nuovo?!), quando scopri che il metabolismo è qualcosa che in te si è addormentato (e non solo a te) e non sai come svegliarlo, quando i selfie assumono posture che mimetizzano quel filo di doppio mento che ti ritrovi e per il quale non c’è punturina che tenga, quando ti sembra che i frullini mentali della pubertà abbiano ripreso prepotentemente il controllo della tua mente, allora sì che ti rendi conto di essere in piena tempesta. Ormonale, esistenziale, decisionale, mentale, chiamatela come volete ma sempre tempesta è, e dipende da te come uscirne. Prendere il timone e affrontare i venti contrari o lasciarsi trasportare dalla corrente sperando di approdare prima o poi in un porto sicuro?
La Delogu racconta della sua personale tempesta, del valore dell’amicizia che quando è vera rappresenta un salvagente, crudo e diretto se ti dice anche quello che non vuoi sentire, ma in grado di tenerti a galla contro lo tsunami degli eventi. Racconta degli amori che possono finire perché quel t’appartengo per-sempre dei 18 anni è vero finché ci credono davvero entrambi, perché accontentarsi va bene se decidi lucidamente di farlo e se ti procura davvero felicità, altrimenti prima o poi la vita ti presenta il conto. E sul palco prende vita, in un monologo finale appassionato, l’idea che si rinasce nel momento in cui si accetta di vivere con leggerezza, e leggerezza significa accogliere tutte le emozioni, i sentimenti e le persone che la vita ti mette lungo la tua strada. Liberandosi delle sovrastrutture che media e famiglia mulino bianco ci hanno trasmesso, che ci vogliono subdolamente a 40 anni mamme (perché se un figlio non ce l’hai è solo perché non è arrivato), donne tuttofare indipendenti ma non troppo, equilibrate perché inquadrate, bisognose di protezione possibilmente maschile perché indifese.
Il finale è il punto di arrivo e di ripartenza della protagonista. Trovato davvero non senza fatica e raccontato con brillante autoironia. Con l’augurio che ognuna di noi possa trovare il suo per la propria esperienza. No spoiler, ovviamente. 40 e sto!
Donatella Gianfrate