Martedì 8 agosto 2023 alle 21.00 nella cornice dello storico Chiostro del Carmine di Martina Franca andrà in scena l’operina “L’anno dell’aurora – 1991” di Enzo di Stefano, Lila Erli, Ozbolt Vid, con libretto e regia a cura di Grazia Coppolecchia.
L’opera, ideata secondo la tradizione classica delle brevi operine settecentesche, è frutto del progetto SPAM – Suoni di Pietra Appennino Mediterraneo, di cui è capofila il Comune di Grumento Nova e partner la Fondazione Paolo Grassi, finanziato – classificandosi primo in graduatoria – dall’Avviso Pubblico per la selezione di progetti di cooperazione interregionale e transnazionale FESR 2014-2020.
Dal primo agosto infatti oltre trenta artisti, tra cui compositori, musicisti e cantanti provenienti da Slovenia, Albania ed Italia, selezionati tramite un bando internazionale, stanno frequentando l’Accademia Suoni di Pietra Appennino Mediterraneo a Grumento Nova per costruire una vera e propria orchestra che metterà insieme strumenti ad arco con quelli della tradizione popolare, per dare vita all’operina “L’anno dell’aurora – 1991” che andrà in scena in anteprima i 6 agosto a Grumento Nova, l’8 agosto a Martina Franca, il 5 settembre a Tirana (Albania), e il 7 settembre a Capo d’Istria (Slovenia).
L’Orchestra classico-popolare SPAM sarà diretta dal M° concertatore e Direttore d’orchestra Massimiliano Piccioli, mentre regia multimediale e scenografia sono a cura di Angela Freno e Vincenzo Izzi. In scena nel ruolo di Leonardo (vecchio pescatore) ci sarà il baritono Mario Falvella, nel ruolo di Anna (giovane ragazza della Croce Rossa) il mezzosoprano Claudia Cuomo, Gonxhe (giovane profuga albanese) sarà il soprano Adriana Sansonne, Sokol (giovane profugo albanese) il tenore Fernando Suglia, Katja (giovane studentessa slovena) il soprano Nejka Cuk, e Alenka (donna dell’esercito sloveno, sorella di Katja) il mezzosoprano Meteja Petelin Zobin.
INGRESSO LIBERO FINO A ESAURIMENTO POSTI
L’OPERA
Il 1991 può considerarsi l’anno delle indipendenze: in Sudafrica termina definitavamente l’Apartheid; Georgia, Estonia, Lituania, Ucraina, Moldavia, Bielorussia ed Armenia dichiarano la loro indipendenza dall’Unione Sovietica, Croazia e Slovenia dichiarano l’indipendenza dalla Jugoslavia, è l’anno della guerra del golfo, ma è anche l’anno dell’accoglienza.
Il 7 marzo 1991 sulle coste di Brindisi, ammassati su navi mercantili, giunsero circa 27.000 albanesi che fuggivano dal regime e cercavano riparo nella nostra terra.
E Brindisi rispose: “le luci delle case, degli uffici e delle scuole non si spensero per tre giorni. Un intero popolo aprì le porte e mise a disposizione tempo, forze e beni per accoglierci. Fu un miracolo.”
Quella finestra, da quel giorno, non si è più chiusa: cinque mesi più tardi, l’otto agosto, avvenne a Bari lo sbarco della Vlora con circa 20.000 albanesi fuggitivi.
Tra diffidenza ed accoglienza, la nostra terra apriva le porte a fratelli che erano rimasti politicamente isolati, economicamente erano poveri ed arretrati ed arrivavano sulle nostre coste affamati, esausti, semi-assiderati, disidratati, ma gridavano disperatamente “Italia, Italia” alzando le braccia in segno di vittoria.
Contestualmente, l’Unione Sovietica si disgregava e la Croazia e la Slovenia si rendevano indipendenti dalla Jugoslavia.
Potremmo dire che il 1991 è l’anno della ricostruzione: ogni Stato che si rende indipendente cerca di riscostruire la propria identità, rinnovandola ma cercando di non abbandonare le proprie radici.
E tra storie di folle e storie personali, si snocciolano gli eventi raccontati in questa operina: tutti e ciascuno sono alla ricerca di una nuova identità.
Due sposi , fuggiti al regime albanese sognano di creare la loro famiglia qui in Italia, portando con sè tradizioni, canti e superstizioni della loro cultura; una crocerossina lucana, chiusa nel suo riserbo per essere omosessuale, fugge dalla sua terra culturalmente troppo chiusa e dona il suo aiuto ai nuovi immigrati, ma trova conforto e speranza nelle genuine parole di un pescatore brindisino che la invita a tornare nella sua Grumento perchè lì sono le sue radici e le radici sono tanto forti da poterle permettere di cambiare la sua storia.
E poi ci sono due sorelle che cercano nelle fiamme vivide del fuoco di S. Giovanni l’immagine della loro “nuova “terra.
È un rinnovamento ideologico, il loro.
Esse non abbandonano il territorio, ma è il loro territorio ad essere rinnovato.
Rimanere soli significa tentare di costruire una nuova identità, senza rinnegare la precedente e prendendo da essa ciò che di buono c’è stato.
E poi c’è la Natura con i suoi contrasti leopardiani: il mare che culla e trasporta; la terra lucana, radicata e solare che accoglie e si rinnova pur rimanendo ancorata alla sua storia; il fuoco che tutto accende e tutto riscalda nel timore che possano bruciarsi i ricordi ma nella convinzione che le cose possano rinnovarsi.
Gli Elementi ci sono tutti, compresa l’aria, che è quella che ci rende vivi e che consente al nostro cuore di battere e palpitare.