L’Amministrazione Comunale di Martina Franca, accogliendo la richiesta del “Comitato 10 febbraio” ha deciso (delibera di Giunta n. 202 del 29 luglio 2021) di intitolare una strada del quartiere Sanità a Norma Cossetto. La giovane studentessa italiana dell’Università di Padova, originaria di Santa Domenica di Visinada (Labinci), piccolo borgo agricolo dell’entroterra istriano oggi appartenente alla Croazia, nella notte fra il 4 e il 5 ottobre del 1943 fu torturata, stuprata e gettata ancora viva in una foiba dai partigiani di Tito. La sua è una storia emblematica raccontata in diversi libri sulle foibe.
Con l’iscrizione nella toponomastica cittadina del nome di questa ragazza, barbaramente uccisa a soli 23 anni, l’Amministrazione vuole richiamare l’attenzione, soprattutto dei più giovani, su una pagina di storia dolorosa e poco conosciuta e ricordare le migliaia di nostri connazionali che subirono la stessa terribile sorte.
“Il Giorno del Ricordo costituisce un momento di riflessione su una delle più grandi tragedie della nostra storia. Sull’esodo forzato degli italiani dell’Istria, della Venezia Giulia e della Dalmazia e sulle atrocità delle foibe che le popolazioni di quei territori furono costrette a subire dopo essere passante dalla dittatura nazifascista a quella comunista di Tito. L’Amministrazione Comunale – hanno spiegato il Sindaco Franco Ancona e l’Assessore alle Attività Culturali Antonio Scialpi – ha ricordato il massacro consumato dopo la Seconda guerra mondiale e il dramma degli esuli con altre iniziative che hanno coinvolto anche le scuole”.
A dicembre 2021 Palazzo Ducale ha ospitato la mostra ‘Dalle foibe ai campi profughi: l’odissea dei 350.000 istriani, fiumani e dalmati” allestita in collaborazione con l’Unione degli Istriani-Libera Provincia dell’Istria in esilio e con il Museo di carattere nazionale CRP di Padriciano e col contributo del Ministero degli Affari Esteri e del Ministero della Cultura. Per alcuni giorni sono stati esposti mobili, oggetti di uso quotidiano, giocattoli, appartenuti a esuli in fuga dalle terre friulane occupate e poi annesse alla Jugoslavia comunista, che depositarono i propri beni nel porto di Trieste, sperando di riprenderli un giorno.