Estate, tempo di sosta, almeno di rallentamento. Tempo che, purtroppo, non è per tutti o non è per tutti ugualmente sereno.
Non si possono mettere fuori dalla mente situazioni di difficoltà e di sofferenza che la strategia mediatica delle immagini di autostrade trafficate e di spiagge affollate tenta di rimuovere.
Avvertire questa “assenza”, non subire questo “silenzio” significa dare alla parentesi estiva il significato più vero che è quello di un dono ricevuto.
Fermarsi è importante e necessario per ritrovare se stessi. Per chiedersi se si è attori su un palcoscenico allestito da altri e con un copione scritto da altri oppure persone capaci di pensieri e di scelte libere e responsabili.
Il conformismo sa indossare maschere attraenti e sorridenti, è una sfida sempre aperta.
Anche per il cristiano che abita con cordialità e fiducia un mondo grande e bello, complesso e problematico.
Le vacanze, in questo contesto, possono diventare un’esperienza capace di comunicare le ragioni più profonde della festa, della convivialità, della serenità, dell’allegria.
Non si tratta solo di vacanze alternative ma di un modo alternativo di vivere le vacanze.
Le innumerevoli proposte estive di formazione o di solidarietà, rilanciate dal laicato cattolico e dalle comunità ecclesiali locali in questo 2010 così difficile, hanno avuto adesioni sorprendenti a conferma della robustezza e della qualità di un rapporto tra educatori, famiglie e giovani.
Sono occasioni educative che hanno tanto più valore quanto più contribuiscono a creare o approfondire consapevolezze e responsabilità permanenti.
Ripropongono anche alle “vacanze normali”, senza voler forzare un pensiero, l’invito a vivere in maniera straordinaria ciò che è ordinario, a viverlo anche nei luoghi dove transita o sosta un’umanità alla ricerca di distensione e ricreazione.
Il cristiano non prende le distanze da una realtà vacanziera, spesso confusa e distratta, ma sceglie di starvi dentro con originalità e con il desiderio di comunicare la gioia della festa.
Senza la pretesa d’insegnare si parte dalla concretezza dei gesti e dei comportamenti per far nascere domande e avviare riflessioni sul tempo ricevuto in dono e sul tempo da donare.
È, in particolare, un’occasione per ritrovare e riconsegnare alle parole del Vangelo e della Chiesa quella leggerezza di cui, all’opposto della superficialità e della semplificazione, ha bisogno la speranza per entrare nel cuore e nella mente delle persone.
Come è per un sorriso, una parola gentile, un gesto di simpatia.
Dalle cose più semplici e condivise – il Vangelo non smette di ricordarlo – si arriva molto spesso alle questioni più impegnative, con quello stile di ascolto che toglie la comunicazione dalla mediocrità ed evita che diventi rinunciataria oppure prepotente o noiosa.
Potrebbero le vacanze diventare un’occasione per parlare del tempo che finisce, a partire proprio da quello della festa e del riposo, e arrivare a quello senza fine?
Non è da escludere perché quella del tempo è questione sempre affascinante e attuale. Attorno ad essa sono nate e maturate grandi riflessioni e scelte di vita.
Non meraviglierebbe se sotto un ombrellone sulla spiaggia oppure all’ombra di un pino in montagna, il tema del tempo fosse al centro di un dialogo, fors’anche improvvisato, sull’essenziale, sul significato più alto e bello del vivere dentro e fuori la parentesi estiva.
agensir