MILANO – «Una concezione padronale dello Stato ha ridotto ministri e politici in “servitori”, semplici esecutori dei voleri del capo» e «poco importa che il Paese vada allo sfascio: non si ammettono repliche al pensiero unico. E guai a chi osa sfidare il “dominus” assoluto». È un vero e proprio affondo contro il governo quello contenuto nell’editoriale del numero di Famiglia Cristiana in edicola mercoledì. L’articolo interviene sulla questione morale e sulla situazione nel Pdl, sottolineando che «lo sbandierato garantismo, soprattutto a favore dei potenti, è troppo spesso pretesa di impunità totale. Nonostante la gravità delle imputazioni». Una posizione che ha fatto andare su tutte le furie Gianfranco Rotondi. «Il settimanale insulto di Famiglia Cristiana al governo è un pregiudizio e un atto di arroganza che la mette fuori dalla dottrina sociale cristiana. Un giornale cristiano non può chiamare i ministri con disprezzo “servitori”, perché un cristiano non usa questo linguaggio né con gli ultimi né con i primi» ha detto il ministro per l’Attuazione del Programma di governo. Carlo Giovanardi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ha replicato attaccando direttamente il direttore dell settimanale don Sciortino: ««Servitore di disegni politici altrui – sostiene – sarà lui, che si ostina a non accorgersi che questo governo è il più leale sostenitore di quei valori non negoziabili che dovrebbero essere la prima preoccupazione dei cattolici del nostro Paese».
«NESSUNA SORPRESA» – «Ciò che mi sorprende della presa di posizione di Famiglia Cristiana è la mancanza di una riflessione critica che riguardi anche il ruolo che la Chiesa ha svolto in questi ultimi decenni nel contribuire alla formazione di una nuova classe dirigente nazionale» fa eco a Rotondi il coordinatore Pdl Sandro Bondi. Il Pd da parte sua difende il settimanale: «Nessuna sorpresa in merito a quanto rileva Famiglia Cristiana’. Succede quando si hanno partiti leaderistici, in cui la politica ha un ruolo nullo» afferma il deputato democratico Enrico Farinone.
L’ANALISI – «Che ne sarà del Paese, dopo la rottura Berlusconi-Fini?», è il principale interrogativo contenuto nell’editoriale di Famiglia Cristiana. Il settimanale sottolinea che «la scossa sarà salutare solo se si tornerà a fare “vera” politica. Quella che ha a cuore i concreti problemi delle famiglie: dalla disoccupazione giovanile alla crescente povertà». Bisogna avere «l’umiltà e la pazienza di ricominciare. Magari con uomini nuovi, di indiscusso prestigio personale e morale. Soprattutto se si aspira alle più alte cariche dello Stato», aggiunge il settimanale. «La questione morale agita il dibattito politico dal lontano 1981», ricorda l’editoriale spiegando che ora «bastano tre cifre per dirci a che punto siamo arrivati»: un’evasione fiscale che sottrae all’erario 156 miliardi, mafie che fatturano da 120 a 140 miliardi e corruzione che «brucia altri 50 miliardi, se non di più». «Contro l’impotenza morale del Paese, il presidente Napolitano ha invocato i “validi anticorpi” di cui ancora dispone la nostra democrazia e la collettività»: famiglia, scuola e, soprattutto, «mondo ecclesiale sono i primi a essere chiamati a dare esempi di coerenza e a combattere il male con più forza». La rassegnazione – ribadisce Famiglia Cristiana – è «un sintomo da non trascurare. Vuol dire che il male non riguarda solo il ceto politico. Ha tracimato, colpendo l’intera società». «Prevale la “morale fai da te”: è bene solo quello che conviene a me, al mio gruppo, ai miei affiliati. Il bene comune è uscito di scena», conclude il settimanale.