Sembrava che la questione potesse risolversi con un semplice esproprio, ma tutti avevano capito che la questione di Via Trento fosse più complicata di quanto non si potesse immaginare.
Lo sapevano tutti tranne il Consiglio Comunale, almeno nelle apparenze, e forse, sempre nelle apparenze, non lo sapeva neanche il sindaco Palazzo, che solo qualche mese fa con un atto dal forte carattere populista aveva ordinato la demolizione delle opere che insistevano su quella strada e di proprietà della famiglia Lucarella. Il tutto salvo poi trovarsi, suo malgrado, abbandonato anche da quei cittadini del Comitato spontaneo che in questi ultimi mesi hanno voltato le spalle proprio al primo cittadino.
Come detto, il Comune ordinò la demolizione del muraglione che delimitava la proprietà dei Lucarella, pur riconoscendone il legittimo diritto di proprietà del privato. Se il Comune fosse stato proprietario del suolo non avrebbe avuto infatti alcun fondamento l’ordinanza di esproprio di quel suolo. Se compro evidentemente non ne sono proprietario, così almeno ci viene da pensare da semplici cittadini.
Un dubbio su tutti però: quello di capire che fine abbiano fatto i beni che insistevano su quel suolo al momento della demolizione. Si tratta di alcune piante, un portone e elementi di illuminazione (andando a memoria ndr).
A dire il vero sembra al momento molto difficile capire chi sia dalla parte della ragione, un’idea stando alle “carte” ce la siamo fatta, ma le nostre scarse conoscenze giuridiche non permettono alcun giudizio, resta però il fatto che al momento, al posto di quel muraglione vi è una struttura provvisoria fatta di alcuni cassoni in plastica.
Il vero nodo della questione è proprio questo. Infatti a seguito di quella demolizione è lo stesso Tribunale di Taranto, sezione distaccata di Martina Franca con una sentenza datata 12 gennaio 2010 a reintegrare Lucarella Domenico al “possesso esclusivo dell’area urbana (…) antistante il fabbricato nel quale lo stesso esercita attività di frantoio oleario”. Il quella sentenza si ordina al Comune “di ripristinare lo stato dei luoghi, mediante la mera ricostituzione della pavimentazione in chianche prima esistente contornata dall’esigua area asfaltata prima esistente”.
Nelle premesse della sentenza si legge inoltre che “il Comune non si è limitato ad eseguire d’ufficio l’ordinanza n. 79 del 2.7.2009, ossia ad abbattere e rimuovere, in mancanza di ottemperanza del Lucarella, i due cordoli di marciapiede, la recinzione e l’insegna di esercizio, opere tutte indicate nella predetta ordinanza, ma ha posto in essere comportamenti che non trovano alcuna corrispondenza né nella citata ordinanza né in altri precedenti provvedimenti amministrativi destinati al Lucarella ed aventi ad oggetto l’area di sua esclusiva proprietà, non soggetta ad alcun diritto di uso pubblico e rientrante nella zona B di ristrutturazione del P.R.G.”
Il Comune, da parte sua, rivendicava l’illegittimità delle opere realizzate, mentre il Lucarella in una sua nota protocollata lo scorso 15 marzo sostiene di non essersi “mai reso responsabile della realizzazione di opere abusive su suolo pubblico patrimoniale Comunale”.
Tutto questo rende la vicenda maggiormente di difficile comprensione se si pensa inoltre che espropriare la particella di terreno dei Lucarella, per rendere definitivamente pubblica Via Trento, significherebbe avviare l’esproprio dell’intera strada, poiché la stessa risulterebbe interamente privata.
Una vicenda che inizia a diventare sempre più complessa, anche per chi come noi deve descriverne il suo evolversi.
A fare luce su tutte queste vicende sono chiamati una serie di procedimenti giudiziari, tra cui si segnala l’appuntamento del 7 luglio prossimo, data in cui il Tar di Lecce sarà chiamato a pronunciarsi sul ricorso della famiglia Lucarella.
Ottavio Cristofaro