Il settimanale della diocesi di Taranto Nuovo Dialogo ha chiesto ad alcuni sacerdoti di scrivere una riflessione per i lettori
Ecco il messaggio di don Martino Mastrovito, parroco della chiesa dello Spirito Santo di Taranto e padre spirituale del Villaggio di Sant’Agostino di Martina Franca
Mi è stato chiesto di scrivere un messaggio per i miei fedeli o per coloro che vorranno leggerlo. Confesso di essere in difficoltà perché non è mia abitudine rivolgermi a loro o ad altre persone con uno scritto, preferisco avere un contatto visivo, rivolgendomi personalmente agli altri, e non c’è dubbio che proprio in questi giorni è questa difficoltà: il non incontro fisico che diventa forse un disagio; non vorrei definirlo problema ma lo chiamerei proprio disagio. Non starò qui a dirvi che quello che viviamo è un momento difficile, perché onestamente molti di noi lo vivono sulla propria pelle. E sono consapevole che a noi viene chiesto di vivere così per alcuni giorni, mentre alcune persone, anche tra noi, sopportano questa condizione di isolamento per la vita intera o per gran parte di essa.
Penso ad alcuni anziani lasciati soli, penso a persone prive di famiglia o di amici; a situazioni che nel quotidiano fanno sentire alcuni come emarginati, quasi appestati, perché non hanno la possibilità economica o perché non vedono realizzato nessuno dei propri sogni o, semplicemente perché non si sentono compresi nella loro diversità di genere.
Allora questo isolamento forzato forse serve a farci comprendere come ci si può sentire soli quando si è isolati. Ritengo che, per quanto mi riguarda, la paura più grande non sia quella della morte, anche perché da credente credo nella vita oltre ad essa; ma sia proprio il rimanere soli, sapere o semplicemente il pensare che nessuno ti ami, che nessuno ti voglia bene.
Fatta questa premessa, vi domando: questo tempo come lo viviamo? Qualcuno mi risponderà: come molti lo stanno vivendo, con una grande energia, vedendo i nostri bambini con i loro grandi disegni, vedendo persone che hanno esposto striscioni ai loro balconi con frasi simpatiche, anche per sdrammatizzare; quindi è un tempo da vivere forse con più serenità di quello che ci viene propinato dagli allarmisti.
Ecco, stare a casa è quello che noi possiamo e dobbiamo fare, stare a casa evitando ulteriori contagi; ed è proprio su questo che mi vorrei soffermare, sul fatto di essere contagiati o di essere untori (termine molto usato in questi giorni) e essere portatori di questo virus anche quando non se ne è consapevoli. Mi fa riflettere il fatto che questo tempo ci porti a comprendere che ognuno di noi ha una vita, una relazione; molto spesso siamo untori nel senso di portatori di qualcosa: portatori di gioia, portatori di malinconia, portatori di verità o di bugie. Quindi, come possiamo contaminare la nostra quotidianità? Come l’abbiamo sempre fatto nei nostri giorni passati, a seconda di quello vivevamo o credevamo di vivere.
Penso proprio che questo ci possa servire, o almeno a me serve personalmente per scegliere: che tipo di untore voglio essere? Quando sarà finito tutto questo, quando ritorneremo nelle nostre piazze, quando ci riapproprieremo delle nostre città, delle nostre strade, quelle che ora ci mancano, quelle che abbiamo maltrattato in passato, o quelle che abbiamo amato e curato, come ci comporteremo, come ci riapproprieremo della nostra libertà, quella che oggi ci viene chiesto di mortificare attraverso lo stare in casa?
Perciò mi domando: che untore vorrò essere? E forse questo è il tempo, per noi credenti unito alla Quaresima, di ripensare a noi stessi , ripensare a qualcosa della nostra vita che non abbiamo mai fatto e che avremmo voluto fare, un sogno che non abbiamo mai coltivato e che magari ci portiamo dentro o forse che abbiamo dimenticato; ritornare alla fantasia e al sogno, cercare di alimentarlo e domandandoci: ma nel tempo che mi verrà concesso dopo questa pandemia, come potrò essere migliore?
Magari qualcuno si domanderà, se ci fosse qualcosa che non ha mai fatto, se riuscirà a farlo: magari qualcuno avrebbe per esempio voluto fare teatro e non lo ha mai fatto; avrebbe voluto fare sport e non ne ha mai trovato il tempo, qualcuno che avrebbe voluto imparare a suonare uno strumento musicale e non ne ha avuto l’opportunità, qualcuno avrebbe voluto stare un po’di più con i propri genitori e magari, perché preso dagli impegni, non lo ha fatto nella misura in cui avrebbe voluto, ecco sono tante le cose che noi possiamo fare, reinventare magari la nostra vita e riappropriarci della nostra quotidianità .
Questo mi sentivo di dirvi, questo per noi è un tempo di speranza è un inverno dove la terra sembra che sia morta ma in realtà si prepara a far esplodere la primavera e per noi la primavera certamente è la Pasqua.
Questa per noi sarà una Buona Pasqua, è il tempo in cui, se vogliamo, potremo riprendere il cammino perché arriverà la fine e noi dovremo aver imparato qualcosa di nuovo, se saremo stati capaci di reinventare noi stessi e magari di riappropriarci con più passione della nostra terra, della nostra città della nostra bella nazione e magari infine, scusate se posso sembrare banale o irriverente, organizziamo un pellegrinaggio a Codogno o in Cina, che ne dite?
Sono certo che abbiamo affrontato situazioni peggiori e che qualcuno affronta quotidianamente questi momenti di segregazione interiore e che sia irrispettoso per noi parlare di “grande problema”.
I problemi da risolvere saranno quelli legati alla economia, e confidiamo che il governo presto dia qualche sostegno anche dal punto di vista economico soprattutto per le famiglie, le imprese e i lavoratori in questo difficile momento.
Per quanto riguarda la nostra comunità parrocchiale rimane attiva la distribuzione dei viveri alle famiglie in difficoltà, seguendo le norme di legge, mantenendo le distanze di sicurezza come giusta precauzione.
Continueremo a mandare via streaming la catechesi che ci prepara alla celebrazione della domenica in programma il martedì alle ore 19,00; da questa settimana abbiamo reso disponibile anche via streaming l’adorazione eucaristica del giovedì e la Via Crucis del venerdì.
Per domenica vedremo anche di pensare di organizzare con le stesse modalità qualcosa che possa magari renderci uniti come comunità; non desidero moltiplicare gli impegni o tenere occupati i miei parrocchiani perchè rischiamo di non cogliere la cosa più bella di questo momento: cioè, il tempo per far volare la nostra fantasia nel reinventare una parte di noi stessi, rendendoci capaci di esser un po’ artisti. considerando le varie attrazioni televisive che ci vengono offerte non vorrei togliere molto altro tempo per poter utilizzare quello a disposizione in favore della ricerca interiore di noi stessi e di ciò che possiamo essere da oggi per il domani.
Don Martino Matrovito