Per la prima volta nella storia del Festival della Valle d’Itria, l’edizione in corso si chiude con l’annuncio dei titoli operistici del prossimo anno: un risultato fortemente voluto dalla Fondazione Paolo Grassi, in linea con le scelte operate dai maggiori festival internazionali e utile a una più prolungata e capillare promozione della manifestazione pugliese sui mercati turistici.
La 46a edizione del Festival si svolgerà a Martina Franca nel consueto periodo fra metà luglio e iniziò agosto. Il consiglio di amministrazione della Fondazione Paolo Grassi, guidato dal presidente Franco Punzi, ha approvato nei giorni scorsi il progetto presentato dal direttore artistico Alberto Triola che è stato confermato nel ruolo insieme al direttore musicale Fabio Luisi anche per il 2020.
I titoli operistici che verranno messi in scena nel 2020 saranno: Gli amanti sposi di Ermanno Wolf-Ferrari, La rappresaglia di Saverio Mercadante e Leonora di Ferdinando Paër. Una scelta in linea con il progetto artistico pluridecennale del Festival, fra rarità e riscoperte, con il ritorno di un titolo del Novecento storico mai più ripreso in età contemporanea, e due rarità ottocentesche. A questi titoli verranno anche affiancati degli intermezzi di Scuola napoletana, destinati all’iniziativa di successo “Opera in masseria” e selezionati fra le edizioni critiche preparate dall’Università degli Studi di Milano.
«Il festival martinese – dichiara il presidente Franco Punzi – si avvia verso il mezzo secolo di attività, nel segno degli insegnamenti di Paolo Grassi, alla ricerca di nuove prospettive per la divulgazione e la valorizzazione della musica e dell’opera. Rarità e ricerca scientifica, nuovi talenti e maestri di riferimento caratterizzano le nostre scelte in continuità e perenne rinnovamento, secondo una formula che anche nel 2019 ha portato a Martina Franca un pubblico internazionale qualificato e le maggiori firme della critica italiana e straniera».
Gli amanti sposi, opera giocosa in tre atti su libretto di Giovacchino Forzano, andò in scena alla Fenice nel 1925 ed è fra i meno noti lavori del compositore veneziano Ermanno Wolf-Ferrari (1876-1948). L’autore incarna il modello di operista italiano che, all’inizio del Novecento, si mostra fiducioso verso ipotesi di eclettismo comunque basate sulla tradizione: in questo caso il libretto di matrice goldoniana (Il ventaglio) e una scrittura musicale limpida che sembra risentire della lezione di Rossini.
La rappresaglia, opera buffa del compositore pugliese Saverio Mercadante (1795-1870) su un libretto rielaborato da Cesare Sterbini e Felice Romani, rappresentata in prima a Cadice nel 1829, viene proposta in prima esecuzione in età contemporanea seguendo l’edizione critica di Francesco Lora ed Elisabetta Pasquini, nel 150° anniversario della morte del compositore di Altamura. La partitura illustra i legami di Mercadante con la scuola napoletana e si può considerare come un brillante esempio di ricezione dello stile buffo rossiniano, con espliciti riferimenti al Barbiere di Siviglia e alla Cenerentola, pensato da Mercadante per il pubblico spagnolo desideroso di conoscere le novità dell’opera italiana.
La scelta di Leonora, melodramma semiserio di Ferdinando Paër (1771-1839), è legata al 250° anniversario della morte di Ludwig van Beethoven: il compositore nativo di Parma, infatti, con la sua Leonora del 1804, precede di poco il Fidelio beethoveniano di cui condivide lo spunto. L’opera ebbe fortuna sui palcoscenici europei dell’epoca (da Dresda a Parigi da Firenze a Palermo) per via di una freschezza di scrittura che in molti, dai commentatori ottocenteschi alla critica del secolo successivo, hanno sempre riconosciuto.