I capi di Stato e di governo riuniti a Bruxelles hanno valutato i risultati delle elezioni e discusso sulla definizione delle principali cariche – i top job – dell’Unione. Secondo il presidente del Consiglio europeo la “casa comune” si rafforza con il voto popolare e dietro lo spauracchio del disastroso Brexit. Manca invece una riflessione approfondita sull’avanzata sovranista in alcuni Paesi.
Vista con gli occhi di Donald Tusk l’Unione europea è in buona salute: alle elezioni per l’Europarlamento è tornata a lievitare l’affluenza alle urne (un cittadino su due ha votato); le forze sovraniste sono cresciute, ma non rappresentano alcuna “valanga”, sono distribuite a macchia di leopardo e soprattutto sono divise tra loro; non da ultimo, Brexit “è stato un vaccino contro la propaganda anti-Ue e le notizie false” e, di fatto, nessuno parla più di lasciare la “casa comune” e neppure di abbatterla. I nazionalisti – lascia intendere – usano slogan roboanti ma poi, alla fine, non hanno progetti alternativi. Così, chiudendo il summit straordinario tenutosi il 28 maggio sera a Bruxelles, il polacco Tusk, presidente del Consiglio europeo, ha tracciato un suo personale bilancio delle elezioni del 23-26 maggio, cominciando a guardare avanti per l’Europa del futuro. “L’Europa – dice, a quanto pare convinto – è il vincitore di queste elezioni. La maggioranza degli elettori ha votato per una Unione più efficace e ha rigettato chi voleva un’Europa più debole”.