“Più gli aiuti tardano ad arrivare, più si corre il rischio di disordini”. È una corsa disperata contro il tempo per aiutare le popolazioni di Haiti colpite dal terremoto del 12 gennaio scorso, quella raccontata da Michelle Hough, di Caritas internationalis, in questi giorni a Port-au-Prince, insieme ad una squadra di esperti che sta supportando Caritas Haiti.
Come è stato il primo impatto con la realtà del terremoto? Cosa ti ha colpito di più?
“Sono arrivata sabato (16 gennaio, ndr) a Port-au-Prince. Inizialmente non pensavo ci fossero molti danni, poi sono andata in alcune zone dove tutte le case sono distrutte. Sembrava una zona di guerra. C’erano pochissime missioni di soccorso. Ho subito capito che sotto gli edifici crollati c’era probabilmente ancora molta gente sepolta”.
Sono tanti e reali gli episodi di violenza e sciacallaggio mostrati in foto e in tv?
“Non ho visto alcun saccheggio o violenza. La gente sembrava soprattutto sconvolta. L’unico segnale di violenza che ho sentito sono stati dei colpi di arma da fuoco la notte scorsa. Ci dicono che più gli aiuti tardano ad arrivare, più c’è il rischio di disordini. Questo è molto probabile, visto che molte persone vivono in condizioni veramente difficili, in strada o nei campi. Non hanno un accesso né all’acqua potabile né al cibo”.
Quali sono le principali difficoltà negli aiuti?
“La prima difficoltà è far arrivare gli aiuti ad Haiti. L’aeroporto è stato chiuso e il porto danneggiato dal terremoto, quindi gli aiuti non sono potuti arrivare per almeno due giorni. Ora ne stanno arrivando molti, ma bisogna trovare il modo per portarli ai più bisognosi nel modo più rapido e più sicuro. Il fatto che circa tre milioni di persone abbiano bisogno di aiuto ci pone di fronte ad un compito immane. Non si può andare a distribuire gli aiuti in grandi spazi aperti, perché se vengono troppe persone e gli aiuti finiscono prima che arrivi il loro turno si genera frustrazione”.
C’è solidarietà tra gli haitiani?
“Sì, le persone dormono una accanto all’altra nelle strade. Si danno una mano per racimolare un po’ di cibo, cantano e pregano insieme per risollevarsi un po’ il morale”.
Come la Chiesa cattolica nelle sue diverse componenti – le parrocchie, le Caritas, i missionari, le Ong – si sta coordinando nell’organizzazione degli aiuti?
“Ci sono incontri organizzati dalle Nazioni Unite che riuniscono esperti di cibo, acqua, salute, alloggio, ecc. Caritas Haiti sta ricevendo il sostegno del Catholic Relief Services (la Caritas degli Stati Uniti) e di Caritas internationalis per il coordinamento degli aiuti”.
Quali saranno le prossime azioni della rete Caritas?
“Al momento stiamo valutando la situazione e abbiamo iniziato distribuzioni di cibo su piccola scala. Venti camion e 80 container di aiuti sono già arrivati, con cibo, acqua e tende. Siamo in attesa dell’arrivo di due aerei con materiali di soccorso, una clinica mobile, depuratori d’acqua e tecnici”.
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