L’Italia risponde alle richieste degli Stati Uniti e invia altri mille soldati in Afghanistan (oggi sono circa 2.700). Ad annunciarlo è il ministro della Difesa Ignazio La Russa. dopo il Consiglio dei ministri. Sarà poi il Parlamento a dover ratificare l’aumento. La Russa ha poi precisato che «non è previsto alcun cambiamento delle regole di ingaggio per i nostri militari in Afghanistan».
Dalla Nato e dagli Stati Uniti è giunto immediato il grazie per la decisione. L’Italia, aveva spiegato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi nel pomeriggio, ha detto sì alla strategia degli Stati Uniti in Afghanistan ma, ha sottolineato, si tratta di una strategia «che deve prevedere anche la possibilità finale, che non è di oggi, di una exit strategy, in modo da lasciare tutto il Paese in condizioni diverse da quelle in cui è attualmente. E per fare questo bisogna far rinascere l’economia che oggi si concentra nella produzione di droghe».
«Ci saranno – ha spiegato La Russa – mille uomini in più nell’arco temporale che va dall’inizio alla fine del 2010, con una particolare accelerazione nel secondo semestre dell’anno prossimo». Ma contemporaneamente «sarà promosso un approccio più globale, quindi maggiori risorse per la ricostruzione, minori distanze, anche temporali, tra la fase militare e quella della ricostruzione, pi ù obblighi per il governo Karzai nella lotta alla corruzione ed al traffico di droga, maggiore attenzione all’addestramento delle forze di polizia e militari afghane in modo da poter immaginare un orizzonte temporale non indefinito per la missione».
Da oggi, quindi, ha osservato da parte sua il ministro degli Esteri Frattini, «la strategia diventa un pò più politica e meno militare», perchè «la sicurezza è funzionale ad obiettivi politici». E l’obiettivo in cui «credere» è lo stesso del presidente rieletto Hamid Karzai, quello «di porre al termine del suo mandato l’Afghanistan sotto il controllo degli afghani». La data, già anticipata ieri dallo stesso Frattini, è quella del 2013, «limite massimo e non minimo» per il ritiro del contingente italiano. Non si deve «parlare di exit-strategy», ha spiegato, «ma di strategia di transizione con la differenza, rispetto al recente passato, che oggi per la prima volta la transizione ha una prospettiva temporale determinata».
Mille militari in più, dunque, per l’Afghanistan, da recuperare attraverso un ridimensionamento della presenza italiana in altre zone di crisi, dal Libano ai Balcani. E in queste missioni «si entra insieme» agli alleati e poi se ne «esce insieme», ha sottolineato il titolare della Farnesina. È un coordinamento strettissimo e continuativo quello che il capo della diplomazia italiana ha ribadito e che si affianca alla chiamata in causa del Parlamento, al quale c’è la «disponibilità immediata» a riferire. Ma la «corrispondente riduzione» nel numero di uomini di altri contingenti non è un passo indietro, anzi, l’Italia continua a spendersi al massimo nelle operazioni di peace-keeping.
Con l’aumento programmato l’Italia si punta ad avere il controllo completo della zona Ovest del Paese. Inoltre, ha concluso Frattini, visto che «Francia e Spagna sono perplesse se non negative», l’Italia sarà «tra quelli che danno la risposta piu positiva rispetto agli altri». Da sola Roma garantisce infatti un quinto dei 5000 uomini in più messi a disposizione da tutti gli alleati della Nato. Esclusi, ovviamente, gli Stati Uniti.
Fonte: La Repubblica