“Non siamo così soli”. Con questa frase nel cuore, tratta dalla canzone incisa da diversi artisti “uniti per l’Abruzzo” dopo il violento terremoto del 6 Aprile scorso, il Gruppo Caritas Taranto è partito per una settimana di volontariato, dal 13 al 20 settembre, all’Aquila, zona Est. Otto persone, di cui quattro ragazzi del Servizio Civile Volontario della Caritas, due ragazze della parrocchia San Pio X e due sacerdoti, don Nino Borsci, direttore della Caritas diocesana, e don Massimo Caramia, si sono ritrovate al campo di San Giacomo, una frazione della città, oggi quartiere. San Giacomo è uno dei 129 campi di accoglienza presenti dal 1° settembre in tutta la provincia colpita dal sisma: è uno dei più piccoli, ospita ormai poche tende, ma la gente ha continuamente bisogno di assistenza. La mensa è gestita dal Gruppo Antincendi Boschivi del Piemonte. I servizi di segreteria, magazzino e registrazione spettano al Gruppo Protezione Civile. Ai volontari di Taranto, succeduti al gruppo Caritas di Otranto, è stato affidato il servizio di animazione ai bambini e assistenza agli anziani del campo, in collaborazione con don Antonio, parroco della piccola Comunità di San Giacomo, ma è stato dato anche aiuto in cucina, per la consegna dei vassoi con i pasti caldi per i circa ottanta sfollati al giorno che giornalmente mangiano al Campo. La mensa è un’ampia sala adornata di cartelloni colorati, con frasi significative: “accendere un fiammifero vale molto di più che maledire l’oscurità” della Diocesi di Otranto, “Chiedere aiuto rende ben più forti che rimanere nel silenzio” della diocesi di Andria. Il disagio di chi vive nelle tende è palpabile: per poter usufruire di un bagno chimico, occorre fare circa duecento metri dalla tendopoli, in salita, a temperature basse, spesso sotto la pioggia, camminando nel fango. Le tende sono afose d’estate e gelide d’inverno. Si può usufruire di una stufa e di un condizionatore, ma dopo poco l’aria diventa stantìa e la tenda si sporca presto, come quella di Giambattista, un signore con gli occhi impauriti che chiedeva ripetutamente ai volontari di pulire la sua tenda, di liberarla dall’acqua della pioggia che la allagava, costringendolo a vivere in auto. La gente chiede un bagno caldo, un letto comodo, una casa. Il piano di redistribuzione delle case è avviato: il 15 settembre è stato inaugurato il villaggio di Onna, il 21 molte scuole hanno riaperto, entro fine mese le tendopoli verranno chiuse. Ma la gente ha paura: alcuni si sono abituati a vivere in tenda e non vogliono tornare nelle proprie case, anche perché le scosse di terremoto continuano e bastano quelle per far riemergere il trauma in chi ha perso parenti e amici nel sisma. Un terremoto durato circa 32 secondi, i cui segni sono ancora visibili: basta inoltrarsi nel centro cittadino per scorgere crolli ovunque, mucchi di macerie agli angoli delle strade, crepe e rovine sui muri dei palazzi, negozi in rovina assolutamente inaccessibili. Il Centro Storico dell’Aquila è deserto. Emozionante l’incontro con un vecchietto dall’aria depressa che raccontava che ormai non c’è quasi più nessuno all’Aquila, che lui era uno dei pochi a vivere ancora lì, vicino al Borgo, in una casetta con i balconi fioriti rimasta miracolosamente intatta. Diceva che “terremoti così violenti si verificano ogni 100-200 anni e toccherà ai pronipoti subirne poi le sorti…chi nasce e vive lì, lo sa..è una ruota che gira..”. Sotto il bellissimo arco che introduce al Centro Storico abbiamo incontrato un gruppo di militari dell’esercito che bloccava il passaggio. Si scorgevano appena, dietro le loro possenti divise, la bellissima scalinata in pietra antica, i vicoli e i lampioni, paradossalmente accesi. Durante la settimana di volontariato, sono state organizzati anche diversi momenti di festa per rallegrare la gente del posto: sorrisi, abbracci, balli, per condividere e far circolare l’amore e la serenità. Come recita la frase di Madre Teresa di Calcutta, che il Gruppo di Taranto ha voluto imprimere su un cartellone donato al Campo, “siamo piccole gocce nell’oceano, ma senza quelle gocce, l’oceano non sarebbe tale”.
Claudia Spaziani